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Conflitti dimenticati: degenera la situazione in Repubblica Centrafricana nel silenzio mediatico

Several hundred protesting merchants, one holding a placard using the french acronym of the country's name, hold a demonstration calling for peace as negotiators prepare for talks with rebels from the north, in downtown Bangui, Central African Republic Saturday, Jan. 5, 2013. The U.N. Security Council urged rebels in the Central African Republic on Friday to halt their military offensive, withdraw from cities they have seized, and take part in negotiations to find a political solution to the impoverished country's longstanding problems. (AP Photo/Ben Curtis)

Centrafrica, la situazione precipita nell’indifferenza a un mese della visita del Papa

Di Antonella Napoli, per Articolo 21

La Repubblica Centrafricana è sull’orlo del precipizio di una nuova guerra civile, i caschi blu hanno fatto fuoco sulla folla che marciava per raggiungere il palazzo presidenziale per chiedere le dimissioni della presidente a interim Catherine Samba Panza, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso profonda preoccupazione per la recrudescenza delle violenze interreligiose nella capitale Bangui, riprese lo scorso 27 settembre. Queste le ultime notizie dal Centrafrica. Sapete quanti articoli o servizi sono apparsi sui quotidiani o nei tg italiani? Zero.

Posso capire che il comunicato di condanna degli attacchi ai civili dei “quindici”, con il quale hanno chiesto che i responsabili fossero individuati e chiamati davanti alla giustizia e che le milizie deponessero le armi, non susciti grande interesse ma ignorare del tutto la più grave crisi umanitaria in corso nel mondo, in un Paese in cui si recherà entro poche settimane il Papa, non è solo avvilente, è contro ogni regola e “istinto” del giornalismo. A due anni e mezzo dal colpo di stato che ha innescato lo scontro etnico nella Repubblica Centrafricana, a Bangui nell’ultima settimana almeno 40 civili sono stati uccisi da milizie islamiche come atto di ritorsione per l’omicidio di un tassista musulmano attribuito al gruppo anti–balaka, i cristiani che hanno deciso di contrapporsi ai ribelli Seleka. Poco o nulla riescono a fare i caschi blu schierati nel paese, che per disperdere i manifestanti ne hanno ucciso tre. La nuova spirale di attacchi e di omicidi, innescati da mesi di abusi perpetrati impunemente dalla maggioranza etnica islamica ascesa al potere con un colpo di stato nel marzo del 2013, rischia di far deflagrare nuovamente il conflitto civile.

L’escalation di violenze ha costretto a un precipitoso rientro da New York, dove si era recata per l’assemblea generale dell’Onu, la presidente del governo di transizione. La Samba Panza ha poi annunciato il rinvio delle elezioni fissate per ottobre e che erano già state rinviate lo scorso anno proprio a causa degli scontri tra le due fazioni. La situazione di instabilità per alcuni analisti sul terreno, come padre Aurelio Gazzera, potrebbe far “comodo” a qualche personalità interessata a soverchiare le autorità di transizione.  Qualcuno potrebbe aver scatenato le rivolte per sobillare la popolazione, che negli ultimi mesi aveva più volte manifestato una grande stanchezza e insofferenza nei confronti del Governo e delle Nazioni Unite, colpevoli di non avere alcuna capacità di analisi tanto meno di progettazione o programmazione né a breve né a lungo termine.

Se a fronte delle violenze contrapposte e del rinvio delle elezioni appare inevitabile il rischio della ripresa del conflitto civile, è altrettanto concreta la possibilità che la visita del Pontefice prevista per fine novembre venga cancellata. Anche se Papa Francesco ci ha abituato a scelte e posizioni affatto scontate.

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