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Meno sensazionalismo, più fact checking

All’indignazione di molti di fronte a una sua recentissima prima pagina Libero risponde con una presunta “evidenza statistica”. Che non c’è

«Oggi posso solo dissociarmi, ma non da innocente figlia di immigrati e madre di discendenti dall’immigrazione. No. Oggi mi dissocio convinta e fermamente in qualità di giornalista italiana che non vuole essere neanche lontanamente nell’universo associata a chi sostiene di essere un giornalista e poi si dedica a spacciare equivalenze infantili e pure in rima come titolo da prima pagina di un pezzo di carta registrato in Tribunale come giornale». Commenta così Paula Baudet Vivanco, giornalista straniera e segretaria dell’Ansi la prima pagina di Libero del 24 luglio: “Più immigrati = più attentati” scrive la testata, che nel catenaccio aggiunge “Peccato che la sinistra voglia introdurre lo ius soli“.

«Io lascerei fuori dalle equivalenze ridicole e dalla infantile rima, spacciate come fatti, la Riforma della legge sulla cittadinanza italiana – aggiunge Vivanco – Riforma che riguarda bambini e bambine che hanno diritto ad essere considerati alla pari dei loro compagni di classe nelle scuole italiane, e di cui quindi anche l’Italia è responsabile e certo non solo i loro genitori. Bambini, alunni d’Italia, che vanno tenuti assolutamente separati da eventi di sangue che possono avere a che fare con tante cose di cui certo non sono loro i mandanti e neanche lontanamente i responsabili».

Una vuota provocazione

Di fronte a una prima pagina così è complicato trovare le parole per un commento; per spiegare ancora una volta perché, da un punto di vista professionale e deontologico, un tale titolo è inaccettabile; per rimarcare che una vuota provocazione, senza alcun fondamento, non offre alcuno strumento ai lettori, ma dà loro solo la dose quotidiana di allarme e paura. Per chi ha fatto dell’informazione il proprio mestiere si tratta dell’abc – o meglio: si dovrebbe trattare dell’abc.

Di fronte a una prima pagina così restiamo sgomenti. Sgomenti per una superficialità talmente ridicola da essere difficilmente commentabile.

Come replicare, allora, a questa “equazione infantile”, a una palese provocazione, senza darle ulteriore visibilità e spazio? Senza correre il rischio di legittimarla?

Stamattina Libero torna sulla questione e scrive: “Ha sbagliato Libero a titolare ‘Più immigrati = più attentati’? Forse è stato addirittura un po’ troppo politically correct, perché l’evidenza statistica è piuttosto quella del ‘Più musulmani = più attentati'”.

Che siano i dati, allora, la risposta. Di sicuro il migliore antidoto al veleno diffuso da un tale sensazionalismo.

Gli attentati di matrice jihadista e le vittime

La prima argomentazione usata da Libero – insomma la prima “evidenza statistica” –  sarebbe da rilevare nella religione praticata dalla maggior parte degli esecutori degli attentati, fedeli dell’islam “che se la prendono con occidentali di passaggio, minoranze non islamiche locali e spesso anche gli altri musulmani che capitano loro a turno“.

Una mappa del Global Terrorism Database, la banca dati pubblica più completa sul terrorismo, illustra gli attentati dal 1945 al 2015.

Relativamente agli attentati di matrice jihadista è sufficiente osservare dove viene realizzato il maggior numero di attacchi e chi sono le vittime per rendersi conto di quanto superficiale sia tale “analisi”. Basti pensare che nel 2015 i tre attacchi nei quali hanno perso la vita più persone hanno avuto luogo in Iraq (09/04, Qaim – 300 morti, numero dei feriti sconosciuto), Siria (21/05, Palmira – 280 morti, numero dei feriti sconosciuto) e Afganistan (28/09, Kunduz – 240 morti 296 feriti). Paesi i cui cittadini sono in prevalenza musulmani e dai quali, sempre nel 2015, sono fuggiti la maggioranza dei rifugiati giunti in Europa (il 41% era siriano, il 21%% afgano, l’8% iracheno). Prime vittime del terrorismo jihadista sono proprio i musulmani e i paesi più colpiti sono Medio Oriente, Nord Africa, Africa subsahariana.

Una banca dati pubblica sugli attentati dal 1945 a oggi (aggiornata annualmente, quindi attualmente ferma al 31 dicembre 2015) è il Global Terrorism Database, curato dalla University of Maryland.

La criminalità in Europa

Proprio in Germania recentissime statistiche indicano non solo che nel 2015 i furti in casa sono aumentati del 9,9%, i furti semplici del 7%, e i delitti per motivi politici del 19%, ma anche che il numero degli stranieri tra i condannati è cresciuto del 12% e tra i sospettati del 27%“, scrive Libero, ancora a supporto della sua tesi secondo la quale “Più immigrati = più attentati”.

Al di là della mancanza di un nesso tra tali numeri e le attività terroristiche in Germania, è interessante notare che le nostre, invece, di statistiche rilevano una tendenza diversa: tra il 2004 e il 2013 le denunce complessive contro italiani sono aumentate del 28%, mentre quelle contro stranieri, a fronte di una popolazione più che raddoppiata, sono diminuite del 6,2%. Inoltre, al 30 giugno 2015 i detenuti stranieri nelle carceri italiane rappresentavano il 32,6% del totale, quattro punti percentuali in meno rispetto a cinque anni prima – di fronte a una decrescita della popolazione detenuta nei cinque anni considerati, gli stranieri sono diminuiti in misura maggiore rispetto agli italiani.

Un approfondimento su dati dell’Eurostat e del ministero della Giustizia qui.

Stereotipi e percezione della realtà

“Hanno ragione dunque gli europei interpellati in quel recente sondaggio dell’autorevole Pew Center secondo cui le ondate di rifugiati possano portare più attentati e ridurre il lavoro a disposizione? I dati dicono che il 60% degli italiani pensa che più rifugiati possano voler dire più terrorismo attestandosi a metà classifica tra ungheresi (76%) e spagnoli (40%). E che possono sottrarre lavoro lo dicono l’82% degli ungheresi, il 75% dei polacchi e il 65% degli italiani, anche se appena il31% dei tedeschi”. 

No, non hanno ragione. Tali indagini hanno l’obiettivo di mostrare quali siano la percezione e le insicurezze dei cittadini europei e i risultati spesso dimostrano quanto la visione della realtà sia distorta e quanto alcuni luoghi comuni e stereotipi siano radicati. Colpa, in parte, proprio di un’informazione allarmista e poco basata su dati e fatti.

Gli intervistati di tutti i 14 paesi nei quali è stata condotta l’indagine sovrastimavano la presenza di stranieri.

Un esempio? Nel 2014 Ipsos-Mori stilava un indice dell’ignoranza in cui l’Italia si aggiudicava il gradino più alto del podio. Tra le domande poste agli intervistati vi erano quelle relative al numero di stranieri e musulmani in Italia. Ai quesiti la maggioranza degli italiani interrogati ha risposto che la popolazione straniera rappresentasse il 30% del totale e quella musulmana il 20%. Le risposte giuste sarebbero state 7% e 4%. La percezione distorta della realtà non cambiava certo i dati reali.

Più volte autorità europee, istituzioni nazionali e organizzazioni internazionali hanno invitato a non confondere i rifugiati coi terroristi: «Non sono i flussi di rifugiati a causare il terrorismo, sono il terrorismo, la tirannia e la guerra che creano rifugiati», dichiarava a novembre il precedente Alto commissario Onu per i Rifugiati, António Guterres.  «È chiaro che la strategia del Daesh non è solo quella di mettere europei contro rifugiati, ma anche di mettere cittadini contro cittadini all’interno delle comunità, comunità contro comunità all’interno dei paesi e paese contro paese all’interno dell’Unione», affermava.

Sulla questione occupazionale, poi, sono innumerevoli gli interventi che smontano scientificamente il luogo comune degli stranieri che rubano il lavoro ai cittadini. Qui qualche esempio interessante: “Stereotipi smentiti: gli stranieri non rubano il lavoro agli italiani“, “Gli immigrati non rubano il lavoro. Ecco le prove“, “Il ruolo degli immigrati nel mercato del lavoro“.

Superfluo a questo punto soffermarsi troppo su “C’è però un altro dato interessante del Pew Center, che riguarda una visione negativa dei musulmani: 72% tra gli ungheresi, 69% tra gli italiani[…]“. I pregiudizi sono, secondo vocabolario, opinioni concepite sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali tali da poter indurre in errore. E di questo parliamo: pregiudizi, non certo di “evidenza statistica”.

Insomma: meno sensazionalismo, più fact checking.

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