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Indice dell’ignoranza. “Chi legge chiede solo di essere confermato nei propri pregiudizi”

Ho capito che qualcosa non andava domenica 12 ottobre, durante una lettura pubblica dei giornali organizzata al Museo Diocesano di Milano. Ho domandato ai presenti: «Quanti sono, secondo voi, gli immigrati in Italia?». Sguardi interrogativi, qualche sorriso imbarazzato. «Chi pensa rappresentino metà della popolazione, alzi la mano». Con mia grande sorpresa, diverse mani alzate. «Chi ritiene siano il 30%?». Altre mani alzate. «Chi crede, invece, che gli immigrati rappresentino il 15% degli abitanti?». Ancora mani alzate.

Beppe Severgnini riflette sui risultati dello studio condotto da Ipsos Mori in quattordici paesi: The Ignorance Index in «Indice dell’ignoranza, primato senza gloria». A controbilanciare la Svezia, nazione più informata, c’è l’Italia. Spetta a noi l’inglorioso primato del paese dove è stata registrata maggiore ignoranza tra Australia, Belgio, Canada, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Polonia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Ungheria. “Qualche esempio delle risposte in Italia? – scrive Severgnini sulle pagine del Corriere della Sera di domenica 2 novembre – “Quanti sono i musulmani residenti?”. Risposta: il 20% della popolazione! (in verità sono il 4%). “Quanti sono gli immigrati?” Risposta: 30% (in realtà 7)».

Una parte di responsabilità Beppe Severgnini la affida ai media, all’informazione sbagliata o mancante, ma ricorda anche che ha un ruolo importante l’atteggiamento del pubblico: «Pensate a certi quotidiani o a certi commentatori. Chi li legge/li ascolta/li guarda non vuol essere informato: chiede solo di essere confermato nei propri pregiudizi».

Di parole, pregiudizi e numeri, parla anche Alessandra Ballerini su Repubblica, edizione Genova, in «Le parole sbagliate che alimentano i pregiudi e i dati oggettivi sugli immigrati nella nostra società». «L’idea di combattere parole false e cattive con numeri reali e trasparenti è di per sé geniale», scrive la giornalista, citando a tal proposito l’ultimo rapporto dell’Unar, il Dossier statistico sull’immigrazione 2014 e aggiunge: «Se oggi l’italiano medio alla domanda “quanti sono gli stranieri in Italia?”, risponde “il 30 %” (ma in alcuni casi mi è capitato di sentirmi rispondere: l’80%) se ha il terrore che gli immigrati portino l’ebola, rubino il lavoro, occupino case, sequestrino bambini, stuprino donne, vuol dire che le parole usate in questi anni, come direbbe Socrate, non sono solo scorrette ma fanno male alle anime».

Contro l’uso irresponsabile delle parole da parte dei media interviene anche Pier Giorgio Liverani per Avvenire («Se le parole che uccidono le scrivono i giornali»), prendendo ad esempio un caso di cattivo giornalismo sul caso di cronaca che ha visto protagonista una madre impazzita, pochi giorni fa, a Roma:  «[…] gli immigrati “okkupanti” costituiscono, come tali, un’associazione a delinquere (tanto più se fra loro c’è qualcuno “uscito di testa”, come si dice a Roma). E il chador è un “velo di morte che ignoriamo”. […] Un esempio di un giornalismo da non fare».

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