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L’orrore di Parigi tra l’approfondimento e i soliti vecchi (e pericolosi) cliché

Molte sollecitazioni rivolte dai media al mondo islamico italiano affinché si “schieri”, ma poca attenzione al processo che ha condotto  alle manifestazioni “Not in my name”

Di Alberto Baldazzi

La settimana caratterizzata dai drammatici e vili attentati parigini ha assorbito quasi integralmente l’attenzione del sistema dell’informazione. Le testate televisive fin dalla notte di venerdì 13 hanno seguito con numerose edizioni straordinarie gli eventi della capitale francese, le reazioni attonite dei cittadini di tanti paesi europei, gli sviluppi delle indagini che hanno portato mercoledì al blitz delle forze di sicurezza a Saint Denis e i tanti allarmi, spesso eccessivi, in Germania, Belgio e anche nel nostro Paese.

Nel flusso intenso di comunicazione, che si è avvalso in primo luogo delle immagini amatoriali e dei video istituzionali, non sono mancati momenti “alti” che hanno coniugato alla cronaca dei fatti brutali il tentativo di indagare le ragioni profonde e le contraddizioni che portano numerosi giovani europei di origine magrebina e mediorientale a dichiarare guerra ai paesi e alle comunità in cui sono nati, in nome di una presunta purezza islamica che in realtà assai poco ha a che fare con la stragrande maggioranza del mondo mussulmano. In questo senso va segnalata l’attenzione in primo luogo delle testate Rai che, con Tg2 e Tg3, hanno più volte affrontato il tema dell’emarginazione delle periferie metropolitane. Diffusa più trasversalmente l’attenzione verso le probabili fonti di finanziamento delle estremisti jihadisti e alle contraddizioni delle politiche di numerosi stati europei e mediorientali; forte in proposito quella di TgLa7.

Su di un altro piano il sistema informativo in generale e l’informazione tv in particolare hanno richiamato con varie e talvolta opposte sfumature il binomio profughi-terroristi e quello, ugualmente pericoloso, terroristi-islam. In questo non tutte le testate hanno mostrato un’impostazione deontologicamente corretta, confondendo spesso “islamico” con “islamista” e brandendo la legittima richiesta di “schierarsi” rivolta alle comunità mussulmane italiane quasi come una provocazione o una requisitoria della pubblica accusa contro presunte loro collettive responsabilità e contiguità con l’attività terroristica.

Tg4 ha più volte segnalato l’esistenza di una zona grigia tra comunità mussulmane e attività jihadista, facendola però apparire come la “regola” e non l’eccezione. Molto spesso nei tg Mediaset sono andate in onda anteprime di programmi di rete tradizionalmente assai schierati in questo senso.

Da ultimo va segnata la contraddizione per cui alla richiesta e alle sollecitazioni rivolte al mondo islamico italiano non è corrisposta una accettabile illuminazione del processo che porta oggi, sabato 21, alle manifestazioni “Not in my name” di Roma, Milano, e che nei giorni precedenti ha visto esplicite prese di posizioni delle comunità mussulmane in diverse città italiane. Solo Tg2 e Tg3 hanno dedicato titoli e servizi alle reazioni attive del mondo islamico nel nostro Paese.

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