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Scabbia, varicella, tbc. L’allarme sanitario che non c’è

Quando l’allarme sanitario non c’è, ma le testate si ostinano a darlo

Scabbia, varicella, tbc. Ricomincia a intensificarsi la quantità di allarmi sanitari infondati lanciati dalle testate giornalistiche.

«Allerta nel campo di via Tiberina», scriveva ieri il Messaggero in «Scabbia e tbc, 50 profughi in fuga». Salvo poi ricordare, fin dalle prime righe, che la Croce Rossa «ha escluso “qualsiasi emergenza sanitaria”». Ma di quale allerta stiamo parlando allora?

Ancora: «Molti rifugiati arrivati l’altra notte al camping Tiber non sono tornati in questura: tra loro potrebbero esserci malati». Potrebbero? Nessuno, dunque, ha stabilito che siano malati. E chi è stato a determinare fossero fuggiti, come si legge nel titolo? Nel momento in cui l’articolo è stato scritto questa informazione ancora non era disponibile: «bisognerà attendere il dato dei rientri serali per avere il conteggio esatto di chi si è dato alla macchia».

A trionfare, più che le presunte malattie di questi altrettanto presunti “profughi in fuga”, sembra essere stato il pressapochismo di chi scrive.

Eppure c’è chi questo allarme lo considera serio – o almeno lo rilancia come se lo fosse. È Libero: «a Roma, in questi giorni, è scattata l’allerta per la scabbia e la tbc», leggiamo oggi in «“Rischi sanitari, niente rifugiati in case private”». L’allerta alla quale si fa riferimento, l’unica diffusa, è proprio quella del Messaggero, non certo basata su dati e fatti reali.

Al contrario, dalle autorità sanitarie non è giunta nessuna allerta.

Nessun allarme

«Non c’è nessun allarme: la scabbia è una patologia che viene curata immediatamente, all’arrivo dei migranti sulle banchine del porto. La varicella, invece, è una semplice malattia esantematica che gira, a prescindere dall’arrivo in Italia degli stranieri». A dichiararlo è stato Claudio Pulvirenti, dirigente del ministero della Sanità operativo in Sicilia orientale e in Calabria.

Eppure ieri leggevamo: «Altra strage di migranti. E ora è anche allarme sanitario» (Il Giornale) e «Allarme scabbia e varicella 150 immigrati in isolamento» (Libero). E all’interno di entrambi è usata la definizione “emergenza sanitaria”. Nessuna dichiarazione delle autorità sanitarie a sostegno di questo “allarme” negli articoli; a dir la verità le autorità sanitarie sono semplicemente ignorate: tra le righe non troviamo nessun commento rilasciato dalle istituzioni sanitarie agli autori e le dichiarazioni del giorno precedente non sono tenute in considerazione. A che titolo si parla di “emergenza sanitaria”, se la posizione delle autorità sanitarie italiane non viene neppure riportata?

Di quali malattie stiamo parlando?

Viene da domandarsi, leggendo alcuni articoli, se dietro vi è la minima conoscenza della malattia di cui si sta parlando.

Da gennaio a oggi nella nostra rassegna troviamo 71 articoli, per esempio, in cui è citata la scabbia, molti dei quali ne parlano in toni allarmistici.

Possibile che la scabbia faccia così paura a chi scrive da giustificare tali toni? Un’infestazione da acari diffusa in Italia che in condizioni igienico-sanitarie normali e con la giusta terapia si cura in pochi giorni e che si trasmette principalmente per contatto diretto pelle-pelle (con i rapporti sessuali o condividendo il luogo in cui si dorme, per esempio).

No, non crediamo che la scabbia faccia davvero paura a chi scrive.

Eppure la parola scabbia nell’immaginario collettivo rievoca ancora miseria e sporcizia, qualcosa di appartenente al passato, contrariamente alla realtà. In assenza di esperienza diretta è normale che chi legga ne sappia ben poco, così basta accostarvi i soliti termini “emergenza”, “sos”, “allerta” ed evitare di offrire qualsiasi nozione sulla patologia che possa far riflettere sull’assurdità di un “allarme scabbia”. Il risultato che evidentemente alcune testate desiderano è quasi assicurato; e se l’effetto non è la paura, alla maggior parte dei lettori questa scabbia farà almeno un po’ schifo.

Risulta, invece, un po’ più difficile capire come si possa fare dell’allarmismo intorno alla varicella parlando di migranti senza scadere nel ridicolo. La conosciamo tutti, e bene. Che sia sufficiente avere un figlio a scuola per contrarla da adulti è più che noto. Ma se ad averla è qualcuno arrivato in Europa per chiedere asilo politico anche la varicella sembra diventare qualcosa di diverso e improvvisamente interessante.

Le conseguenze dell’allarmismo

Libero riporta un episodio avvenuto a Ponzano Veneto, in provincia di Treviso: una famiglia ha ritirato il figlio dall’asilo perché nella palestra comunale, a esso adiacente, erano stati ospitati dei richiedenti asilo («I genitori difendono la salute del figlio? Allora sono razzisti»). Scrive Libero: «Altri genitori minacciavano la stessa decisione, perché l’aria era malsana e temevano che i fanciulli potessero contrarre malattie. Una scelta dettata dal buon senso, o meglio da quell’istinto di conservazione che induce ciascun essere vivente a proteggere i propri cuccioli».

Una scelta dettata, diciamo invece noi, dagli allarmi infondati che ogni giorno vengono diffusi da testate giornalistiche cartacee, telematiche e televisive, a livello locale e nazionale, raggiungendo ogni tipo di pubblico. E anche questo breve articolo ne è un esempio.

Quale ragione razionale può indurre a Libero a scrivere che l’aria di un luogo dove si trovano dei richiedenti asilo sia “malsana”? In base a quali criteri Libero definisce gli ospiti della palestra comunale «confinanti potenzialmente contagiosi»? In cosa consiste il «rischio di contaminazione» al quale fa riferimento?

Sono solo speculazioni. Pericolose però, perché a nutrirsene sono le malattie più contagiose, paura e paranoia. E sono i media a rappresentare il principale veicolo di contagio.

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