ROMA 30 aprile 2025 – Nella notte tra il 26 e il 27 aprile i nostri colleghi Matteo Garavoglia (giornalista) e Giovanni Culmone (fotografo) si trovavano a Laayoune, capitale amministrativa del Sahara occidentale, regione contesa fin dal 1976 dal Marocco e il Fronte Polisario, quando poco dopo la mezzanotte circa dieci agenti di sicurezza marocchini si sono presentati di fronte alla loro stanza di hotel per comunicargli che non erano persone gradite sul territorio.
Da lì sono stati accompagnati prima in taxi fino ad Agadir, città a sud del Marocco, e poi in bus a Marrakech. Dopo altri due giorni nel paese pedinati da agenti in civile e in contatto costante con l’Ambasciata italiana a Rabat, sono rientrati in Italia il 29 aprile con un volo di linea.
Nel frattempo sugli organi di stampa marocchini e italiani sono uscite ricostruzioni che non rappresentano in alcun modo quello che è successo realmente. È stato scritto che sarebbero entrati con un’auto privata e senza la necessaria autorizzazione per soggiornare a Laayoune, che non era la prima volta che provavano a entrare illegalmente nella regione e che avrebbero voluto diffondere tesi separatiste sotto copertura.
Garavoglia e Culmone sono entrati in Marocco con regolare visto turistico il 30 marzo all’aeroporto di Rabat. Erano nel paese per lavorare sulla repressione interna e transnazionale compiuta dal regime marocchino nei confronti di attivisti, dissidenti e più in generale sulla violenza pubblica delle forze di sicurezza. Non hanno mai nascosto la loro professione.
Dopo avere raccolto interviste e testimonianze in Marocco, il 24 aprile sono arrivati a Dakhla, nel sud del Sahara occidentale, con un volo interno da Casablanca. Il 26 hanno preso un bus turistico fino a Laayoune non svolgendo mai alcun tipo di lavoro giornalistico. Nella notte tra il 26 e il 27 aprile sono stati poi raggiunti dagli agenti di sicurezza marocchini e allontanati dalla città. Si è trattato quindi di un invito a lasciare il territorio e non di un’espulsione, come erroneamente riportato.
Non è la prima volta che una situazione del genere si verifica nei territori occupati del Sahara Occidentale. Negli ultimi anni centinaia di persone non sono state fatte entrare o sono state espulse: parlamentari, europarlamentari, giornalist*, avvocat*, organizzazioni internazionali come Amnesty International e relatori dell’ONU.
Ringraziamo il corpo diplomatico italiano per avere seguito con costanza i nostri colleghi evitando spiacevoli inconvenienti.
Come Centro di giornalismo permanente ci rattrista ma non ci stupisce la diffusione di false informazioni da parte dei giornali marocchini. La diffamazione attraverso mezzo stampa è uno degli aspetti che i nostri colleghi stavano indagando sul campo. È tuttavia sconfortante notare come alcuni mezzi di informazione italiana abbiano riportato notizie non vere senza verificare le informazioni con i diretti interessati, facendo così da megafono alle falsità e alla diffamazione. Da anni il nostro collettivo è impegnato nel promuovere il giornalismo sul campo con metodi di lavoro che garantiscano la sicurezza degli intervistati, la verifica delle fonti e la realtà dei fatti. Qualcosa che porteremo avanti con ancora più convinzione.