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La diversità nei media spagnoli. Seconda tappa dell’inchiesta di Carta di Roma sui media europei e l’immigrazione

Prosegue l’indagine di Carta di Roma su come viene trattata la diversità nei media di altri paesi europei. La tappa di questo mese è la Spagna, o meglio la Catalogna.

Quando arriviamo a TV3 Televisiò de Catalunya passiamo dagli studi della diretta. E’ in onda un magazine mattutino, come il nostro Rai1 mattina, e gli ospiti in studio sono esponenti politici e professori universitari. Si discute animatamente della bocciatura della dichiarazione di sovranità catalana da parte della Corte Costituzionale di Madrid. Il processo di indipendenza dalla Spagna è il tema politico e di dibattito pubblico più sentito del momento. Il referendum per l’indipendenza indetto dal presidente Artur Mas rischia di non avere le basi giuridiche per essere riconosciuto. La mente corre immediatamente al Veneto e alla recente consultazione online organizzata da Plebiscito.eu. che secondo i dati forniti dagli organizzatori, ma messi in dubbio da molti per i metodi di registrazione, avrebbe dato una maggioranza schiacciante di voti per l’indipendenza della regione. Non possiamo non collegare il referendum all’enfasi identitaria e ai proclami leghisti anti immigrazione.

Quando chiediamo però a Carles Solà, giornalista e direttore di programmi sulla diversità della tv catalana, le motivazioni con cui nascono i programmi che lui cura e che tipo di politiche editoriali stanno all’origine dell’esperienza lui afferma “una televisione che ha come missione la diffusione della lingua e della cultura catalana deve essere una televisione inclusiva che si adatta allo scambio sociale. La tv pubblica catalana appartiene ai 7 milioni e mezzo di catalani che risiedono e vivono questa terra indipendentemente dalla loro origini

Carles ci spiega che l’incremento rapido e massiccio del numero di immigrati in Catalogna che è passato nel giro di 10 anni da dal 3 al 17% della popolazione, ha ovviamente generato dibattito, creato problemi di tensione sociale soprattutto dopo lo scoppio della crisi economica, ma per TV3 è stato anche l’occasione per interrogarsi sulla propria programmazione.

Si è partiti nel 2002 con un programma di cucina, Karakia, che con la scusa delle ricette e con una certa retorica legata all’esotismo e del folclore, permetteva però nelle case degli immigrati e di scoprire come vivono e da dove vengono.

Dal 2004 però la curiosità verso il tema si evolve e parte Tod un mon (Tutto un mondo) un programma bisettimanale di 6 minuti che precede il telegiornale delle 14 il sabato e la domenica. Si racconta in ogni puntata la storia di una persona immigrata o sempre più di figli di immigrati che studiano e lavorano in Catalogna. L’obiettivo, dice Solà, è “Normalizzare la presenza delle persone immigrate nella realtà della catalogna e farli uscire dalla cronaca nera e dal frame della marginalità, in cui spesso l’informazione li relega

Dal 2006 al 2011 in TV3 è stata istituita una Commissione Diversità che si occupava di formazione interna e di riflessione interna tra giornalista e programmisti o responsabili di talk show. L’idea nasce perché il dipartimento “Nuovi Format” si era reso conto che il tema della diversità e di quella culturale in particolare, meritava un’attenzione particolare e una consapevolezza maggiore per rendere il tema trasversale nei diversi generi, dall’informazione, all’intrattenimento ai talk show.  La Commissione interna si collocava a livello di “dirigenza media” e ci partecipavano direttori di programma e di area nella convinzione che “la diversità è un prodotto televisivo interessante”.

Da allora oltre Tod un mon, sono stati sperimentati programmi come No topic, dedicato alle questioni giovanili che includeva le seconde generazioni, o come Un Loco Estrany (Un luogo strano) brevi interviste a immigrati su abitudini e stereotipi sui Catalani.

Dal 2011 la Commissione Diversità è stata sostituita da una dedicata all’implementazione del Libro de Stilo – il codice di autoregolamentazione interno – formata da giornalisti, documentaristi e dirigenti di varie aree di produzione che sono fondamentalmente coloro che l’hanno scritto e che si occupano di diffonderlo e farlo conoscere all’interno della televisione.

“Le maggiori resistenze, afferma Solà, “vengono dal settore dell’informazione dove le routine produttive sono più difficili da far cambiare e dove anche recentemente c’è stato un dibattito sulla copertura dei fatti di Melilla. Si è parlato ancora una volta di “assalto massiccio” quando si trattava di meno di 200 persone che hanno cercato di passare la frontiera illegalmente”

Una questione dibattuta internamente e che ha portato ad una rapida correzione di termini e di toni nelle edizioni del telegiornale successive. Nessuna censura o politicamente corretto, avverte Solà, solo la necessità di restituire nella giusta dimensione il racconto dei fatti.

 

Anna Meli

 

Barcellona 26 marzo 2014

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