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Non c’è un modo giusto per raccontare l’immigrazione

Informazione e migranti: c’è bisogno di giornalisti che escano fuori dalcoro

Di Domenica Canchano

Una sera di cinque anni fa, un editore peruviano di una prestigiosa rivista di cronaca narrativa mi chiese come mai i media italiani parlavano dei migranti solo dal punto di vista dell’emergenza.

Perché – si chiedeva – non si focalizzavano su altri particolari ma soprattutto perché non si usavano altri generi letterari per raccontare qualche storia del fenomeno migratorio. Si sapeva già molto su chi arrivava, da dove arrivavano e perché intraprendevano un viaggio rischioso che spesso, troppo spesso, finiva tragicamente. Mi chiese quindi di provarci, di raccontare la storia di uno dei migranti provando ad usare la chiave dell’ironia.

Io rimasi perplessa, anche allora c’era l’emergenza sbarchi, e l’esodo dai i paesi del nord Africa si raccontava in numeri, e qualche storia dello straniero “regolare” e “irregolare”. Del “nuovo” che arriva e di chi si sente già “integrato”. Insomma, del “buono” e del “cattivo”, e da lì non si usciva. Mi misi a pensare a tutte le storie che fino a quel periodo avevo raccontato: erano molto strazianti. Non riuscivo ad imboccare una strada diversa. E negli anni, non mi è mai stato facile. Ma si può, certamente.

C’è tanto bisogno di giornalisti che escano fuori da questa unica “corrente”, quella intrisa di luoghi comuni, appesantita da stereotipi che finiscono per schiacciarci. Un po’ – credo – perché la cronaca non ti permette di avere il tempo per “osare” altri modi di raccontare una storia e un po’ perché le storie del “buono” e il “cattivo” vendono sempre. Basta dare un’occhiata nella rete, ci sono storie dei migranti cattivi e in contrapposizione subito dopo spunta il migrante buono.

Secondo i dati dell’Osservatorio Tg, l’immigrazione è tra i temi più trattati dai tg. Ma anche quello più maltrattato. Ora, qualche giorno fa vedo una vignetta sul “Corriere della Sera”, dello storico disegnatore Emilio Giannelli che non mi fa ridere, però mi fa pensare (o meglio voglio sperare) che si stia cercando una via diversa per raccontare l’immigrazione. Non c’è un modo giusto per narrare l’immigrazione, bisogna solo raccontarla ma in tutte le sue sfumature. L’importante è mantenere un tratto comune: il rispetto verso la dignità umana.

Domenica Canchano

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