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Richiedenti asilo: il 70% dei ricorsi ha successo

Tribunali intasati per i ricorsi dei richiedenti asilo? Un business per gli studi legali? AdnKronos ha intervistato l’avvocato specializzato in diritto dell’immigrazione Livio Neri (Asgi), che attraverso i numeri illustra un quadro ben diverso

Milano, 24 feb. (AdnKronos) – Garantire pari diritti a chi chiede l  status di rifugiato senza ridurre tutele in nome di un’emergenza che non trova conferma nei numeri. Livio Neri, avvocato specializzato in  diritto dell’immigrazione e dell’asilo, si scaglia contro chi descrive la richiesta di protezione internazionale come un business per gli  studi legali e si oppone a quanto disposto dal recente decreto legge del governo per eliminare un grado di giudizio e velocizzare l’iter.

“Se un migrante – spiega Neri all’Adnkronos – vede rifiutata la sua richiesta di asilo non vedo l’abuso di diritto nel ricorrere in  tribunale o in appello. I dati offrono una lettura completamente diversa, sul fronte dei numeri e sulla durata dei processi, rispetto a quella di cui si riempiono la bocca alcuni politici“. Per legge la durata di questi procedimenti “è di sei mesi a fronte di un processo  civile che dura quasi tre anni. Il numero di successi, inoltre, è ben  maggiore di quanto si racconta“.

In Italia ci sono “circa 4 milioni di cause civili pendenti, non  ritengo che i circa 30mila ricorsi del 2016 in materia di richiedenti asilo possa essere la causa dell’emergenza nei tribunali. L’alta  percentuale di accoglimento dei ricorsi riferita al Parlamento dal  presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo,  dimostra che non sono pretestuosi ma fondati”. I numeri, aggiunge  Neri, socio Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici  sull’immigrazione “non giustificano l’ipotesi di legge di eliminare  l’appello, statisticamente quei giudici riformano molte decisioni e si finirebbe per avere più ricorsi in Cassazione, oggi presentati in  numero abbastanza contenuto”.

Delle 91.102 domande esaminate nel 2016 (su 123.600  presentate), 4.808 hanno ottenuto lo status di rifugiato (5%) e quindi il diritto di permanenza in Italia, 12.873 (14%) la protezione sussidiaria che garantisce cinque anni di soggiorno, il 21% (18.979) quella umanitaria che ne concede due. Il diniego interessa 51.170  stranieri (56%). Rispetto al 2015, nel 2016 le domande sono aumentate  del 47,2%, mentre le decisioni hanno segnato +28,1%. “Bisogna davvero  togliere garanzie ai procedimenti per asilo – si chiede il legale Neri – per migliorare la giustizia civile? Perché un grado di giudizio non lo togliamo all’impugnazione delle multe i cui procedimenti intasano sì gli uffici dei giudici di pace e dei tribunali, non sarebbe  altrettanto popolare?”.

Dai dati della Commissione nazionale per il diritto di asilo emerge anche che, nel 2016, su 27 Paesi principali da cui provengono le richieste ben 11 raggiungono la soglia del 50% di risposte positive  nella fase amministrativa, “nella fase giudiziale, poi, complessivamente i successi raggiungono il 70% dei casi, come confermato dalla Commissione nazionale. Una percentuale di successo  che difficilmente un avvocato può sempre garantire in altre materie,  con buona pace di chi ritiene questi ricorsi infondati e strumentali”, ironizza Neri, da anni al fianco di organizzazioni che si occupano di  profughi.

Guardando le domande esaminate si va dal 98% di protezione internazionale riconosciuta per chi viene dalla Siria (92% status rifugiato), al 97% per i cittadini di Afghanistan e Iraq; alla  Turchia (84%) e Iran (85%) fino al 50% di accoglienza (status  rifugiato, protezione sussidiaria o umanitaria) di Kosovo ed Egitto.  “Il diritto alla difesa va garantito a tutti, anche a chi è privo di  mezzi, e a maggior ragione quando si tratta di diritti fondamentali.  Non capisco la polemica sul fatto che il gratuito patrocinio venga  garantito a queste persone. Non c’è nessun business degli studi  legali, come ipotizza qualcuno. Si parla mediamente di 900 euro per grado di giudizio, due generalmente visto che i ricorsi in Cassazione sono ancora poco numerosi; le liquidazioni sono a volte anche inferiori, per un lavoro spesso faticoso, che io e la maggior parte  dei colleghi svolgiamo con serietà e passione”.

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