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Buone pratiche: nel pavese il presepe vivente è un’occasione d’integrazione

A Zavattarello nel percorso del presepe all’interno del borgo medievale il 24 e il 26 dicembre si realizza un progetto d’integrazione

A Le Moline di Zavattarello, un piccolo paese in provincia di Pavia, per il secondo anno, a comporre il presepe vivente che anima il borgo medievale saranno i richiedenti asilo del locale centro di prima accoglienza.

La struttura, operativa dal maggio 2015 e gestita dall’associazione Lia, accoglie in prevalenza giovani uomini che provengono da paesi quali Burkina Faso, Gambia, Afghanistan, Bangladesh e Ghana: saranno loro a interpretare mercanti, guardie, pastori e panettieri.

Un presepe vivente multietnico nel borgo medievale

Questo è il secondo anno che i ragazzi della struttura di accoglienza partecipano al presepe vivente di Zavattarello «Abbiamo voluto dare ai ragazzi la possibilità di cimentarsi con un’opportunità da un punto di vista sociale e culturale, l’anno scorso i ragazzi si sono divertiti e nelle scene miste, stranieri e italiani, hanno interagito molto – racconta il direttore della struttura Matteo Vairo – Sembrava davvero di essere in zone bibliche data la reale multietnicità dei figuranti».

Le uniche difficoltà riscontrate sono scaturite dalla stanchezza: «I ragazzi, non essendo abituati a stare tante ore ‘fermi’ si sono fatti scappare qualche sbadiglio o una sbirciata ai cellulari, ma nel complesso si sono fatti apprezzare tanto da essere stati riconfermati per quest’anno».

La presenza di giovani, musulmani e cristiani, in un presepe vivente tradizionale è una risposta alle numerose polemiche intorno al natale spesso portate avanti da politici e media. «Ai ragazzi è bastato semplicemente parlare e confrontarsi per comprendere la valenza dell’evento. Spesso siamo noi stessi a crearci problemi inutili che, come i confini, esistono solo nelle nostre menti. Si sta cercando di far passare il messaggio che il nuovo nemico del disoccupato bianco cristiano sia l’immigrato musulmano ed il Natale è un teatro non esente da tale identificazione»

L’accoglienza da parte dei cittadini dell’Oltrepò pavese

Il centro si trova nella frazione Le Moline di Zavattarello, che conta appena 27 abitanti. «La popolazione al nostro arrivo non era felicissima, ma una volta constatato che i ragazzi non avrebbero creato problemi e vedendo il lavoro svolto, li hanno accettati. Senz’altro la formazione adeguata degli operatori è un elemento chiave dentro e fuori il centro di accoglienza».

Nella frazione pavese la presenza di stranieri è tollerata, ma nulla più «C’è una sorta di accettazione platonica. Sarebbe utile e interessante se si agisse in maniera congiunta e combinata per le categorie vulnerabili, disoccupati, migranti e altri, invece di perseguire azioni sparse e che spesso determinano una dispersione di energie».

La vita e le dinamiche nella struttura di accoglienza

Le dinamiche di coesistenza interculturale sono state da subito incoraggiate: «Abbiamo realizzato giornate di formazione, lezioni d’italiano frontali e anche il semplice stare a tavola insieme è stato uno strumento utile. Abbiamo fatto il possibile per mettere in piedi cicli di lezioni d’italiano giornaliere – il risultato, tangibile – sono i migranti spesso assunti in altri centri di accoglienza oppure da connazionali stranieri nel territorio italiano. Abbiamo cercato di fare rete».

Una delle foto del presepe vivente di Zavattarello della passata edizione 2015

Impegnare il tempo con laboratori artistici, corsi d’italiano è cruciale «Cerchiamo così di capire le propensioni di ciascuno. Ma soprattutto non ci siamo posti come badanti bensì come professionisti, mettendo insieme presenza e ascolto, e un po’ ricreando un clima familiare».

La risposta agli stimoli positivi che come operatori Vairo e i suoi colleghi cercano di dare dipende in gran parte anche dal riscontro da parte dei migranti stessi «Nessuna delle attività che proponiamo è obbligatoria, pertanto, pur cercando di coinvolgere tutti c’è, nel centro, chi ha deciso di aspettare, immobile, arrendendosi».

Naturalmente la solitudine è tanta: «Quando si ammalano, anche solo per una febbre, emerge tutta la loro fragilità, e cercano la madre». A ogni modo, la maggior parte di loro intende restare in Italia e fa di tutto per porre le basi affinché questo sia possibile: imparare la lingua, un lavoro e relazionarsi il più possibile con l’esterno.

A oggi il sistema di accoglienza di questo piccolo comunque funziona decisamente bene, e il progetto del presepe vivente ne è conferma: «Il 24 e il 26 dicembre i ragazzi del centro diventeranno mercanti, panettieri, lavoratori di lana, guardie del tempio e molto altro. L’anno scorso c’è stato uno dei migranti anche tra i Magi» in fondo alcune fonti della traduzione raccontano di Baldassarre come di un moro, quindi nero.

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