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Islamofobia. Media italiani responsabili tra stereotipi e generalizzazioni

L’analisi del sentimento antislamico e delle discriminazioni verso i cittadini musulmani in Italia nel 2015 nel rapporto della Fondazione Seta

Discriminazione e violenza razzista nei confronti di cittadini di religione musulmana. Quale la situazione dell’Italia? A indagare questo campo, ripercorrendo gli avvenimenti che più lo hanno influenzato nel 2015, è stata la Fondazione Seta.

Anche i media responsabili

La politica è stata, in più occasioni, responsabile dell’incremento del clima d’intolleranza, soprattutto a seguito degli attacchi di Parigi. L’aumento dei discorsi d’odio, inoltre, si colloca spesso in prossimità delle elezioni, episodio che potrebbe dunque verificarsi a breve in vista delle amministrative in Italia.

A fare da megafono alla politica e a condividerne le responsabilità alla base della radicalizzazione dell’islamofobia anche i media italiani, rei, stando al rapporto, di aver avuto un approccio stereotipato e contrario alla deontologia, avvalendosi spesso di generalizzazioni retoriche.

Il mezzo di comunicazione dove i discorsi d’odio trovano più spazio è il web, dove per evoluzione tecnologica o per necessità media e politica viaggiano spesso. Piattaforme social e siti web sono fertile terreno per contenuti d’odio che alimentano sentimenti antisismici, razzismo e che incitano alla violenza.

Il pluralismo dei media e l’assunzione di responsabilità nella diffusione d’odio sono per Fondazione Seta i punti di partenza di un percorso da intraprendere per contrastare l’islamofobia.

Discriminazioni al lavoro e a scuola

Secondo l’indagine, il 16% degli italiani ritiene che un’espressione manifesta della religione musulmana sia uno svantaggio nelle procedure di selezione per un lavoro. Lo stesso nel caso in cui il nome del cittadino ha un chiaro legame con la tradizione musulmana. Secondo il campione coinvolto, in ambo i casi il datore di lavoro tende a essere meno propenso a scegliere il candidato.

A scuola sono i numeri ad avere un ruolo importante: si attesta intorno a 300.000 la presenza di alunni che provengono da paesi dove la religione musulmana è predominante. Nonostante questo, l’ora di religione e le diete proposte dalle mense scolastiche, continuano a costituire fattori di discriminazione.

Per il cambiamento

Il rapporto passa in rassegna le iniziative per il contrasto dei discorsi d’odio e della discriminazione. Tra quelle italiane la campagna dell’Unar “Spegni le discriminazioni, accendi i diritti“, partita a febbraio 2015, che prevede un lavoro di monitoraggio e offre supporto alle vittime di odio online.

Non manca la campagna #nohatespeech dell’Associazione Carta di Roma, promossa insieme alla European Federation of Journalists e supportata da Fnsi, Consiglio dell’Ordine dei giornalisti, Usigrai e Articolo21, con la quale si chiede a media e cittadini di prendere le distanze dai discorsi d’odio e dai suoi promotori.

Per il rapporto cliccare qui

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