Site icon Associazione Carta di Roma

Tragedia afghana

An internally displaced Afghan woman receives cash assistance from UNHCR for her return to her home region. UNHCR and the government are facilitating the returns of internally displaced people from Kabul to the provinces. ; Afghanistan is facing a worsening humanitarian emergency, with the economy near collapse and about half the population now reliant on aid. There are more than 3.5 million people displaced by conflict inside the country, including some 700,000 forced to flee this year alone. In the past two weeks, UNHCR has assisted some 100,000 people throughout Afghanistan with emergency shelters, blankets, solar panels, and cash for the most vulnerable. In total, it has reached more than half a million displaced people with assistance so far this year.

Qual è la situazione delle persone che vivono in Afghanistan? Cosa accade nel Paese e quali sono le prospettive?

di Alidad Shiri*

Per le strade di Kabul e di altre città dell’Afghanistan si vedono donne ammucchiate in piccoli gruppi davanti ai panifici, aspettando che qualcuno di buon cuore doni loro un pezzo di pane. Sono donne che prima avevano un lavoro, spesso istruite, che mantenevano la famiglia, privata degli uomini dalla lunga guerra e dalla serie di attentati che hanno preceduto la presa del potere da parte dei talebani.

I prezzi dei generi alimentari di prima necessità sono aumentati vertiginosamente in questi tre mesi, del 40%. Nei mercati di oggetti di seconda mano sono più le persone che vogliano vendere i loro mobili, le suppellettili, i loro oggetti preziosi, i ricordi di famiglia. Il Paese è sprofondato nel baratro di una crisi economica senza precedenti che porta già alla fame 23 milioni di persone, con prospettive tremende pensando alla rigidità dell’inverno in cui si sta entrando. Il Programma Alimentare delle Nazioni Unite (WFP) ha avvertito che se la comunità internazionale non interverrà immediatamente, milioni di afghani moriranno di fame.

Le Nazioni Unite hanno chiesto un’azione urgente a proteggere le banche afghane, avvertendo che la crisi di liquidità del Paese potrebbe portare a un grave collasso del sistema bancario nei prossimi mesi. I talebani chiedono lo scongelamento di 10 miliardi di dollari che appartenevano allo stato afghano, ma nella mancanza del riconoscimento del governo talebano da parte della comunità internazionale, questo non è possibile.

Finora nessun Paese ha legittimato il governo talebano, nemmeno i paesi musulmani, per la gravità con cui sono lesi i principali diritti umani, particolarmente delle donne che sono escluse totalmente dalla vita sociale, dall’istruzione, dal lavoro, loro che in questi 20 anni erano riuscite, almeno in parte, a ritrovare la loro identità e dignità. Inoltre tutti i gruppi etnici, a parte il loro, dei pashtun, sono stati esclusi dal governo; vengono perseguitate le minoranze religiose degli sciiti, dei sikh, le minoranze entiche degli hazara: requisiscono le loro case cacciandoli, li espellono dai vari ministeri, sostituendoli con pashtun che non hanno alcun titolo nè preparazione.

I giornalisti afghani sono trattati come nemici, incarcerati e anche torturati, fatti sparire senza che se ne abbia più notizia.  I talebani sono al potere dal 15 agosto 2021, sono entrati nella capitale, Kabul, ancora due settimane prima della scadenza del ritiro degli occidentali, fissata dal presidente americano per il 31 agosto, senza trovare resistenza.

Il presidente afghano è scappato con 52 collaboratori. Abbiamo visto le immagini degli elicotteri che trasbordavano il personale dell’ambasciata americana all’aeroporto. Impressionanti erano le scene dei giovani, donne e uomini che cercavano di fuggire dal mostro che stava per divorarli: erano attaccati alle ali e ai carrelli degli aerei in partenza e cadevano sfracellandosi a terra nel decollo come piccole sagome senza nome.

Alcuni giorni dopo sono fioriti momenti di coraggiosa protesta da parte di gruppi di donne nella capitale e in altre città contro la prepotenza dei talebani. Anche alcuni uomini si aggiungevano alle manifestazioni. Presto però queste sono state represse con la violenza, a Herat i talebani hanno sparato sulla folla uccidendo due persone. Nonostante il successivo divieto di manifestare, molte donne hanno continuato a sfidare il potere oppressivo con cartelli che chiedevano istruzione, lavoro, diritti. Non cedono per non vanificare tanti sacrifici che in questi anni hanno fatto per ottenere il riconoscimento dei diritti basilari.

Il 21 novembre i talebani hanno vietato alle donne anche di comparire nelle serie televisive e le conduttrici devano rispettare il velo islamico che per i talebani è il burqa. Le donne sono le più segnate da questa tragedia: per l’estrema povertà tante bambine sono vendute dalle famiglie ad anziani senza scrupoli. Ma c’è anche un nuovo commercio di organi per la sopravvivenza. I più fortunati che hanno soldi, e sono pochi, si affidano ai trafficanti, scappano ed iniziano una nuova vita tra la vita e la morte.

* Alidad Shiri è un rifugiato afghano, è cofondatore di Unione Nazionale Italiana per i Rifugiati ed Esuli -Unire, vive in Alto Adige. Attualmente è editorialista dei quotidiani locali Alto Adige e l’Adige. Laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Trento.
E’ autore del libro “Via dalla pazza guerra”, ed HarperCollins. È anche coautore del libro per bambini “Anche Superman era un Rifugiato”ed. Battello a Vapore e di “La grande Illusione, l’Afghanistan in guerra dal 1979” ed Rosenberg&Sellier”.

La foto in evidenza è di Tony Aseh per UNHCR

In collaborazione con

Exit mobile version