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Lo sciopero del 21 maggio contro lo sfruttamento nei campi

È in corso da questa mattina, giovedì 21 maggio, “lo sciopero degli invisibili” lanciato dal sindacalista dell’USB Aboubakar Soumahoro, da sempre impegnato nelle lotte per i diritti dei lavoratori agricoli.

La mattina è cominciata con un video che ritraeva Soumahoro da solo, nei campi coltivati, ed annunciava l’inizio dello sciopero. I braccianti non hanno lavorato oggi, non hanno raccolto carciofi, asparagi, zucchine. Si sono fermati completamente. E i consumatori solidali con loro, non hanno comprato frutta e verdura dai supermercati e dalle grandi catene di distribuzione.

I braccianti sono partiti da Torretta Antonacci e hanno attraversato le campagne per arrivare fino alla prefettura di Foggia. Lì una delegazione di lavoratori ha consegnato quella frutta e verdura che rischiava di marcire nei campi.

“Questo fiume di esseri umani è la dimostrazione che nelle campagne mancano i diritti, non le braccia”, scrive Soumahoro. “Abbiamo osato scioperare per sfidare la politica del cinismo, per sfidare i ricatti, i soprusi e per dimostrare che a marcire sono i diritti dei lavoratori. Questo è solo l’inizio”.

I braccianti si sono fermati per protestare contro la regolarizzazione varata dal governo e giudicata insufficiente. Molti dei migranti che lavorano nei campi italiani senza permesso di soggiorno o regolare contratto, sono ad oggi esclusi dalla sanatoria approvata dal governo per motivi burocratici.

Il discorso di Soumahoro davanti alla prefettura di Foggia:

Alla fine del corteo, Soumahoro ha rivolto il seguente messaggio ai politici dal suo profilo Facebook:

Cari politici, non ignorate il grido dei braccianti, dei consumatori e dei contadini/agricoltori che si è innalzato all’unisono per chiedere diritti e dignità per tutti i lavoratori della terra. Abbiate l’audacia di rivedere lo strapotere dei Giganti del cibo, se volete contrastare lo sfruttamento e il caporalato. Mettete gli stivali, venite nel fango della miseria e della sofferenza per ascoltarci, noi dannati della filiera agricola.


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