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#nohatespeech. Difendiamo la nostra dignità

#nohatespeech: «Difendere i rifugiati dall’odio significa difendere la nostra dignità»

Di Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa

Ho visto una donna con una telecamera in mano prendere a calci i rifugiati, sgambettare un padre in fuga con un bambino in braccio e farlo cadere a terra. Ho pensato che quella fosse la manifestazione plastica dell’odio. Non so quali parole abbia mai usato quella giornalista per raccontare i rifugiati, ma non è difficile immaginarlo e non è meno grave, anzi. Credo che le parole producano danni anche peggiori dei gesti.

Ho visto in tv quelle immagini arrivate dal confine ungherese che da qui non sembra così lontano. Sappiamo bene chi sono quelle persone che cercano di superare i confini ed entrare in Europa e sappiamo bene anche chi sono le persone che in Italia le prendono a calci e le fanno cadere usando solo le parole, senza subire conseguenze. Quella donna è stata licenziata, da noi invece chi picchia allo stesso modo con le parole viene invitato in tv ogni giorno, senza qualcuno che sia in grado di controbattere alle menzogne e sappia contenere la diffusione del panico.

Certo che firmo la petizione contro chi diffonde l’odio, dovrebbero farlo tutti. È un problema globale che è necessario affrontare subito, ognuno di noi dovrebbe firmare la petizione e poi difendere la verità ogni volta che si trova di fronte menzogne e luoghi comuni. Ogni volta che sente parlare di invasione, di ebola, di terroristi sui barconi, di lavoro rubato agli italiani. Se lo facessimo tutti la paura e l’odio li potremmo arginare e magari anche fermare.

All’ingresso del palazzo del Comune di Lampedusa e Linosa abbiamo messo un grande manifesto con il volto di padre Paolo dall’Oglio rapito in Siria due anni fa e di cui non si hanno più notizie. Un’immagine che serve a non dimenticare quell’uomo che usava parole di pace e predicava il dialogo nella Siria devastata dalla guerra. Lo abbiamo fatto perché pace e dialogo sono parole importanti per la nostra bellissima isola che per prima ha mostrato al mondo intero il significato della parola accoglienza. Da sempre e in grande solitudine abbiamo accudito chi arrivava dal mare anche quando il resto del mondo non voleva guardare la tragedia delle migrazioni, dei naufragi, delle migliaia di vite che si perdevano in mare. Non abbiamo mai avuto paura. Lampedusa e i suoi abitanti sono stati esempio di accoglienza anche quando quei bellissimi applausi che hanno accolto i rifugiati alla stazione di Monaco erano davvero impossibili anche solo da pensare lontano dalle nostre coste. Abbiamo scritto accanto alla foto di Padre Dall’Oglio: «Lampedusa è il primo porto sicuro per l’approdo di chi scappa dalla guerra siriana come da molte altre guerre o dalla fame, dalla miseria. Siamo terra di transito verso l’Europa che su quest’isola inizia. Siamo ponte e sappiamo come si accoglie chi è in fuga ed in cerca di rifugio».

Qualche giorno fa è arrivato un bambino di pochi mesi a Lampedusa, è arrivato da solo, la mamma non ce l’ha fatta. Un bimbo dolce e bellissimo. Quella vita appena nata ha lo stesso diritto che abbiamo noi di vivere in pace e di avere una opportunità per vivere senza paura. La paura della guerra e della miseria da cui scappa l’ha già vissuta quel bimbo, ora che l’abbiamo accolto e abbracciato dobbiamo difenderlo dalla paura generata dalle parole dell’odio che non risparmiano niente e nessuno, che non sanno cosa sia la pietà. Difendere lui significa difendere noi stessi, significa difendere la nostra dignità.

Sostieni la campagna #nohatespeech firmando qui e condividendo.

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