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Sardegna: struttura candidata a divenire centro di accoglienza danneggiata dai residenti

Una notizia che trova poco spazio, se non nella cronaca locale, ma che rappresenta uno spaccato di quanto accade nell’Italia di oggi

A cura di Cronache di ordinario razzismo

Ci sono delle notizie che restano volutamente “silenziose” e che invece dovrebbero fare un gran fracasso. Ed è il caso di quanto accaduto nel piccolo centro di Burcei (una piccola cittadina di appena 2.800 abitanti nel cagliaritano), in Sardegna. E la definizione giusta è proprio di un  fatto inquietante. Nella giornata di sabato 3 settembre, un intero immobile su due piani, in via Roma, viene letteralmente preso d’assalto da un gruppo di residenti, che l’hanno completamente distrutto e reso praticamente inagibile (bagni, arredi, porte e finestre spaccati), con ingenti danni per decine di migliaia di euro. Sulla serranda del fabbricato, a piano terra, viene anche vergata una scritta: “Pezzo di Mer… ” riferita, pare, al proprietario dell’immobile, un imprenditore edile del paese, Vittorio Zuncheddu, “reo” di aver dato la disponibilità di utilizzare la palazzina di sua proprietà per ospitare una ventina di richiedenti asilo, in base alle disposizioni prefettizie.

La stampa locale sembra ricondurre le motivazioni che sono alla base di questo grave gesto plateale, al “malessere” che la comunità burcerese starebbe vivendo alla paventata notizia che quell’edificio (una volta ristrutturato e adeguato a norma di legge), dovesse poi ospitare i migranti. Come se la comunità “locale” avesse voluto dare un “monito”, un “avvertimento”: gli abitanti sarebbero totalmente contrari ad ospitare i cittadini stranieri in paese, perché “porterebbero solo un danno all’economia locale”.

Anche il primo cittadino di Burcei, Giovanna Zuncheddu, conferma la versione delle “voci di piazza”: «L’episodio di qualche giorno fa, accaduto a Burcei, è il risultato dell’esasperazione dei cittadini, non è assolutamente giustificabile come atto perché è gravissimo, lesivo per tutti, ma da tempo si percepiva la preoccupazione della popolazione per un’ospitalità anche temporanea dei migranti. La nostra comunità non è pronta ad eventi di tale portata, perché assistiamo e vediamo in che maniera viene gestita l’intera operazione. Avevo chiesto a suo tempo, prima che capitasse l’episodio, un incontro ufficiale con la Prefettura di Cagliari, per sederci attorno ad un tavolo e discutere di questa situazione, ma non è mai arrivata nemmeno una risposta».

Ma è con il passare dei giorni che il raid si delinea ancor più inquietante. Attraverso le indagini, salta fuori che i residenti si sono organizzati attraverso un tamtam 2.0 con WhatsApp. Il messaggio fa il giro del paese e fa radunare all’appuntamento circa 200 persone che, come si legge nel messaggio diffuso su Whatsapp e pubblicato sul quotidiano on line “La Nuova Sardegna”, temevano per la loro incolumità per l’arrivo “delle persone di colore”: “Possono essere dei delinquenti – si legge nel messaggio – potrebbero dare fastidio a donne, bambini e anziani. Vittorio Zuncheddu non lo fa per beneficenze e buon cuore ma bensì per riempirsi per le tasche di soldi al cospetto della nostra tranquillità. Se Zuncheddu vuole essere così benevolo che se li porti a dormire nel suo letto e a mangiare nel suo tavolo”.

Ecco che si chiarisce anche la dinamica di quanto accaduto. I manifestanti si sono riuniti, dapprima, di fronte alla palazzina, bloccando il traffico nei due sensi di marcia, e gridando slogan contro migranti, Prefettura e Regione. A un certo punto la manifestazione è salita di tono, e un gruppo formato da una decina di persone ha forzato la porta d’ingresso ed è entrata nello stabile, cominciando cosi la devastazione.

Sull’episodio indagano i carabinieri della compagnia di Quartu Sant’Elena, che stanno cercando di individuare i promotori della manifestazione, che era priva di autorizzazione e soprattutto di coloro che hanno compiuto i gravi atti vandalici. Ma naturalmente per la stampa locale quanto è accaduto non ha niente a che vedere con il razzismo.

L’immagine sopra è simbolica e non ritrae la struttura danneggiata alla quale si fa riferimento nell’articolo.

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