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Chiamiamolo col suo nome: incitamento all’odio e alla violenza

L’editoriale di Libero, a meno di 48 ore dall’attentato di Stoccolma, invita a “reagire con violenza” e attacca in modo istinto tutti i migranti e i rifugiati

“Reagire con violenza”

MEGLIO IL MITRA Se le nostre leggi non ci consentono il pugno di ferro allora correggiamole”

“Iniziamo a sospendere i salvataggi in mare. Al terzo affondamento di carrette galleggianti per scommessa, i disperati non più soccorsi persuaderanno altri a non partire e cesseranno di incanto gli sbarchi”

 

All’indomani di un attentato di matrice jihadista non sorprende leggere commenti simili con riferimento ai flussi migratori verso l’Europa sui social media: a prevalere sono la paura e l’irrazionalità in molti cittadini. Però non ci si aspetta – o almeno non ci si dovrebbe aspettare – che queste parole appaiano su una testata giornalistica.

Nel nostro ultimo rapporto annuale “Notizie oltre i muri” abbiamo rilevato come i media, nella generalità dei casi, non producano direttamente i discorsi d’odio: l’editoriale di Vittorio Feltri del 9 aprile su Libero è l’emblematica eccezione alla regola. Dalla “provocazione a tutti i costi” all’istigazione all’odio e alla violenza il passo è breve. E il quotidiano lo ha compiuto.

L’editoriale che incita all’odio

“[…] i media intonano le solite litanie, si leggono e si ascoltano le solite prediche inutili. Bisogna che l’Europa – si dice – rimanga saldamente unita e adotti una politica concertata. Occorre favorire l’integrazione, convincere gli estremisti ad accettare i criteri democrazia e della convivenza civile. Retorica, parole, bla bla senza costrutto”, scrive Libero. Quale sarebbe, allora, il bla bla che offre la testata, in alternativa alle solite litanie?

Titolo estratto dalla prima pagina di Libero, edizione del 9 aprile.

Una sintesi estrema ma efficace è data dal titolo “Reagire con violenza” e dagli estratti sopra citati: “MEGLIO IL MITRA Se le nostre leggi non ci consentono il pugno di ferro allora correggiamole”, “Iniziamo a sospendere i salvataggi in mare. Al terzo affondamento di carrette galleggianti per scommessa, i disperati non più soccorsi persuaderanno altri a non partire e cesseranno di incanto gli sbarchi”.

Usiamo la violenza, è l’esplicito invito del direttore del quotidiano. Un invito che non è diretto ai terroristi, ma ai migranti e ai rifugiati tutti, a priori: lasciamoli morire in mare. Poco conta se quelle persone – donne, uomini, bambini – non sono responsabili in alcun modo dei terribili atti commessi da altri; poco conta se molti di loro fuggono da quello stesso terrorismo; poco conta se molti altri fuggono dalla violenza o dalla persecuzione nei paesi di origine o di transito, come la Libia. Tutti elementi trascurabili, perché l’importante è provocare, anche quando la provocazione non è intelligente, ma fine a se stessa.

Così Libero trasforma – ignorando numeri e fatti – i migranti e i rifugiati in una massa indistinta da temere: un gruppo omogeneo di “islamici” che “vengono qui a romperci le balle e a mangiare a sbafo”, che “pretendono di insegnarci a vivere e se non impariamo in fretta ci massacrano”. Cosa fare di fronte a questa pericolosa massa? “Reagiamo con violenza” è la risposta della testata.

Questo non è un bla bla, con o senza costrutto. Un nome ce l’ha: è incitamento all’odio e alla violenza.

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