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Islam e immigrazione: il racconto della stampa italiana nel 2018

L’Associazione Carta di Roma ha analizzato il racconto mediatico relativo al periodo che va dal 1 gennaio al 22 ottobre 2018, per capire se esiste e quale è la correlazione tra Islam e immigrazione

di Sabika Shah Povia

I musulmani non possono essere italiani e gli immigrati sono musulmani. Musulmani che hanno tradizioni, culture, origini diverse dalle nostre. Sono in molti a pensarla così. I musulmani sono stati spersonalizzati e la loro identità fissata all’interno di un diffuso pregiudizio. Ed è su questo pregiudizio che diversi partiti europei hanno costruito la loro campagna elettorale. Invece di adattare le loro politiche alla realtà, molti politici hanno scelto di adattare la realtà alle loro politiche.

Il Primo Ministro ungherese, Viktor Orbán, ha accusato le ONG di voler «islamizzare e scristianizzare l’Europa agevolando l’invasione dei migranti». E l’immagine che dipinge dell’Islam è quella dei terroristi e dell’Isis. Anche in Italia, durante la fase elettorale, si sono registrati commenti e interventi di politici, spesso ripresi dai media, sulla presunta inconciliabilità dell’Islam con i valori italiani.

Alcuni media in Italia hanno avvalorato questa tesi diffondendo fake news e notizie parziali o raccontate fuori contesto. Tutto questo ha rafforzato la percezione distorta della realtà che era già presente in molti lettori attraverso titoli e contesti allarmistici costruiti ad hoc.

Le parole “terrorismo” e “terrorista” sono comparse in 64 titoli dall’inizio dell’anno, di cui 27 all’intero dei racconti di Cronaca e 19 negli articoli sulle Politiche dell’immigrazione. Inoltre sono stati pubblicati 19 articoli con la parola “jihad” nel titolo. “Islam”, invece, è comparso in ben 80 articoli dall’inizio dell’anno e “Isis” in 36. La presenza delle parole “Isis” e “terrorismo” rispetto allo stesso periodo del 2017 è calata del 50%.

I picchi delle notizie sul “terrorismo islamico” e la sua correlazione con il fenomeno migratorio

Il 31 gennaio, il giornale britannico The Guardian pubblica un articolo in cui parla di una lista di 50 sospetti combattenti dello Stato Islamico che l’Interpol ritiene siano recentemente sbarcati in Italia e che potrebbero tentare di raggiungere altri Paesi europei. Il Viminale smentisce immediatamente la notizia attraverso la seguente dichiarazione: «Non trova alcun riscontro l’informazione di 50 combattenti stranieri approdati sulle coste italiane appartenenti all’Isis e pronti a compiere attentati. Nell’ambito di un consolidato, costante e prolifico  rapporto di collaborazione e scambio d’informazioni tra le autorità italiane e tunisine, queste ultime hanno segnalato nel tempo al nostro Paese il probabile ingresso in Italia di appartenenti a presunti gruppi integralisti. Il proficuo rapporto di cooperazione internazionale di polizia tra i due Stati ha permesso di rintracciare un esiguo numero di persone segnalate le quali, a seguito delle previste procedure d’identificazione, sono state immediatamente rimpatriate».

Ciò nonostante, nei giorni che seguono compaiono i seguenti titoli sulle prime pagine di diversi quotidiani nazionali: “Siamo così buoni che ospitiamo chi ci uccide: accolti anche 50 terroristi dell’Isis”, “Sbarcati in Italia 50 terroristi Isis tunisini”, e “Quando terroristi e assassini si travestono da rifugiati: torturatori e militanti dell’Isis nascosti nei barconi tra disperati e perseguitati. Gli allarmi degli 007”. La smentita del Viminale sarà menzionata negli articoli, ma limitata a un paio di righe al massimo.

Sono stati scritti diversi articoli sul tema anche a fine marzo (28, 29 e 30), in seguito alle dichiarazioni di Frontex sui flussi di migranti non intercettati da Algeria e Tunisia che «destano preoccupazione di sicurezza». Importante ricordare che Frontex nasce con lo scopo di proteggere i confini dell’Europa, non le persone che li attraversano. Il direttore di Frontex Fabrice Leggeri crea un collegamento tra immigrazione e terrorismo con la seguente affermazione davanti al Parlamento europeo: «La minaccia terroristica non è diminuita e dobbiamo essere certi che non vi siano attraversamenti delle frontiere della Ue non intercettati, perché questo va a scapito della sicurezza europea». Inoltre, l’allora uscente ministro dell’Interno Marco Minniti, rilascia un’intervista a un importante quotidiano nazionale in cui sostiene che «i terroristi puntano su Roma» e chiede a chi lo sostituirà di non azzerare il lavoro fatto per contenere i flussi migratori fino a quel momento.

I giornali riprendono subito entrambe le dichiarazioni e, sebbene siano basate più su ipotesi che su fatti, le rilanciano alimentando le paure dei lettori: “Così importiamo terroristi”, “Terroristi infiltrati con falsi passaporti sui barconi di migranti”, “Terroristi, Ong e scafisti padroni del mare”, “L’allarme di Frontex: terroristi in arrivo da Algeria e Tunisia”, “Minniti: «Sbarchi in calo» In compenso arrivano terroristi con i gommoni”, “Minniti: La minaccia della jihad non è mai stata così forte in Italia”. Qualcuno ne approfitta anche per criminalizzare ulteriormente le Ong, creando un legame altrimenti inesistente con il caso del sequestro della Open Arms: “Frontex avvisa: rischio terrorismo. Nave Open Arms restano i sigilli”. Il dissequestro della nave Open Arms avverrà soltanto il mese dopo, ad aprile.

A fine aprile viene arrestato un richiedente asilo del Gambia con l’accusa di avere legami con l’Isis. Una persona arrestata, ma ecco i titoli presi dalle prime pagine di alcuni quotidiani nazionali: “L’esercito degli immigrati intenzionato a sterminarci”, “Quando i buonisti ci rassicuravano: «I terroristi non sono sui barconi»”.

Intorno all’11 maggio viene intercettata e messa agli arresti una cellula composta da 14 persone che finanziava le milizie qaediste in Siria. Il capo della cellula è un siriano con residenza in Svezia. La maggior parte del denaro raccolto in Europa deriva dal traffico di migranti, che in Ungheria, racconta un testimone, arriva a far guadagnare loro anche 50mila euro al giorno. È un fatto noto che i viaggi organizzati dai migranti sono molto più costosi rispetto a itinerari regolari su aerei o navi. La questione cruciale è intorno ai visti, ai passaporti e a ogni documento valido per l’espatrio – in molti dei Paesi di provenienza non è possibile ottenerli in alcun modo. I migranti, vittime dello sfruttamento dei trafficanti, si ritrovano nuovamente ad essere protagonisti, loro malgrado, delle prime pagine dei quotidiani nazionali e non solo, ma diventano attraverso un racconto basato su generalizzazioni, anche colpevoli e complici dei loro maltrattatori: “Noi li accogliamo e loro finanziano la jihad”, “In Italia arrestiamo i terroristi, in Siria invece li aiutiamo”.

Immigrati musulmani tra percezione e realtà

Titoli allarmistici come quelli sopra riportati, “L’esercito degli immigrati intenzionato a sterminarci” e il più recente “I tagliagole neri sono alle porte di Roma”, pubblicato il 9 ottobre 2018 in riferimento alla potenziale presenza dell’Isis in Libia, oltre a spaventare e allargare il divario tra musulmani e cristiani, immigrati e italiani, presuppongono che in Italia sia in gioco, come ai tempi della guerra di Lepanto, una lotta tra cristiani e musulmani per il controllo del Mediterraneo e dell’Europa intera. La conseguenza di questo tipo di giornalismo è che la maggioranza degli italiani pensa che gli immigrati siano principalmente di religione islamica e che i musulmani in Italia siano molti di più di quelli che sono, ovvero il 3% della popolazione residente.

“Meno di un terzo (31,2%) degli intervistati valuta correttamente la presenza di immigrati di religione islamica in Italia”, si legge chiaramente nel rapporto Italia 2018 dell’Eurispes. “La larga maggioranza tende invece a sovrastimare la loro presenza: per il 27,6% rappresenterebbero l’8% della popolazione, per il 23,6% il 16%, per il 17,5% addirittura il 24%”.

Molti migranti e richiedenti asilo, tra l’altro, vengono da Paesi dove la popolazione è divisa quasi per metà tra cristiani e musulmani, come la Nigeria o l’Eritrea. Durante il caso della Diciotti, risalente allo scorso agosto, quando la nave della Guardia Costiera è rimasta in mare per dieci giorni dopo aver salvato 177 migranti al largo di Lampedusa, un importante quotidiano nazionale pubblicò un articolo dal titolo: “Tanti migranti eritrei giunti con la nave Diciotti sono cristiani”, come a doverlo ribadire e ricordare. Come a voler sottolineare la loro similarità e vicinanza a noi e alla nostra cultura. Come se per essere salvati e accolti, non bastasse essere umani.

Tutti gli articoli sopra citati sono consultabili nella rassegna stampa dell’Associazione Carta di Roma disponibile al seguente link: http://cartadiroma.org/rassegna

Questo articolo è stato realizzato con il supporto di 

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