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“Libia: un oscuro intreccio di collusione”, il rapporto di Amnesty International sui migranti prigionieri in territorio libico

Anche i governi europei sono complici della situazione e delle torture. Il rapporto enuncia le misure da attuare immediatamente come controtendenza

Centinaia di migliaia di migranti, rifugiati e richiedenti asilo sono intrappolati a causa della  rete di complicità e di  collusione tra autorità libiche e trafficanti, da un lato, e tra i governi europei e le autorità libiche, dall’altra,  che li espongono a una serie di violazioni dei diritti umani e abusi.

Questo il fulcro principale del rapporto di Amnesty International  “Libia : un oscuro intreccio di collusioni” è stato presentato ieri. Il rapporto mette in luce la situazione libica, all’indomani dello scandalo suscitato dalle immagini della CNN relative alla compravendita dei migranti, con i dati in merito ai luoghi di destinazione e di transito dei migranti nel territorio libico, con testimonianze recenti ed episodi registrati sul campo dai ricercatori. Per esempio emerge chiaramente la situazione sulla rotta del traffico di esseri umani specialmente nelle tre città di Zawiya, Sabratha e Zuwara. Ma rifugiati e migranti sono soggetti ad abusi diffusi e sistematici in tutta la Libia. “Sono costantemente a rischio di essere uccisi, torturati, altrimenti maltrattati e sfruttati illegalmente e non possono avvalersi della protezione della legge o cercare protezione internazionale. Migliaia sono detenuti nei centri gestiti dal Ministero dell’Interno libico; altre migliaia sono in luoghi di prigionia gestita da milizie e bande criminali. In entrambi i casi, le persone sono detenute illegalmente in modo disumano”.

La responsabilità dei paesi europei

Il rapporto mette in luce come pur essendo pienamente consapevoli di questa situazione, i governi europei abbiano deciso di attuare il controllo della migrazione con  politiche essenzialmente volte a fermare i valichi di frontiera irregolari, rafforzando la capacità e impegno di vari attori libici a controllare i confini.

Amnesty International ritiene che i governi e le istituzioni europee debbano ripensare radicalmente le loro politiche esterne in materia di migrazione e asilo e sollecita anche l’Unione europea e i suoi stati membri a ripristinare immediatamente la loro cooperazione con la Libia sulla migrazione, concentrandosi sulla protezione dei diritti umani di rifugiati, richiedenti asilo e migranti piuttosto che sul loro contenimento nel paese.

Inoltre l’organizzazione per i diritti umani, in conclusione del rapporto, stila una serie di raccomandazioni per le autorità libiche affinchè si possa procedere nell’immediato ad individuare, registrare e rilasciare immediatamente eventuali cittadini stranieri detenuti arbitrariamente nei centri di detenzione gestiti dal Dipartimento alla lotta all’immigrazione clandestina del ministero dell’interno. Ma si concentra anche su quanto possono fare le istituzioni europee: in primis ripristinare ogni collaborazione con la Libia in materia di migrazione – sotto forma di materiale finanziario, istituzionale, e di sostegno politico – concentrandosi sulla priorità della protezione dei diritti umani nel paese. Una collaborazione con le autorità libiche deve essere immediatamente tesa alla rapida liberazione di tutti i migranti arbitrariamente detenuti in modo automatico. Viene proposto inoltre la creazione di un centro marittimo libico di coordinamento e soccorso fino a quando la Libia non avrà istituzioni stabili e affidabili che possono garantire lo standard richiesto dal diritto internazionale.

Il ruolo dell’Italia

Alle autorità italiane viene inoltre suggerito  di sostituire urgentemente il memorandum d’intesa del febbraio 2017 con un accordo sulle priorità in materia di diritti umani e incentrato sull’azione a favore di raggiungerli. L’Italia dovrebbe essere il paese importante per garantire il coordinamento di tutte le operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale in particolare quelle del Centro di coordinamento per il soccorso marittimo  affinchè non ci siano dubbi sul  rispetto degli obblighi derivanti dal diritto del mare e dal diritto internazionale dei diritti umani perché quello libico al momento non può essere considerato un punto di sbarco sicuro.

Per consultare il rapporto clicca qui 

 

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