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Ventimiglia: i novelli Antigone contro l’ordinanza del sindaco

A partire dal caso dei tre attivisti francesi denunciati a Ventimiglia per aver distribuito cibo ai migranti, la riflessione di un avvocato sulle leggi non scritte della coscienza e sul dovere di solidarietà sociale ben scritto, invece, nella Costituzione

Di Francesco Di Pietro, avvocato Asgi 

A proclamarmi questo non fu Zeus, né la compagna degl’Inferi, Dike, fissò mai leggi simili fra gli uomini. Né davo tanta forza ai tuoi decreti, che un mortale potesse trasgredire leggi non scritte, e innate, degli dèi. Non sono d’oggi, non di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove.
(Antigone, vv. 450-457)

Ventimiglia, addì 11 agosto, anno 2016 d.C. – Ordinanza contingibile e urgente del Sindaco vieta di somministrare cibi ai tanti migranti presenti sul territorio comunale. Miseri esseri che cercano di attraversare il confine italo francese, alla ricerca di una vita migliore (o più semplicemente di una vita).

Ventimiglia, addì 20 marzo, anno 2017 d.C. – Verbale di identificazione personale redatto da due agenti di Polizia nei confronti di tre cittadini francesi, indagati per aver somministrato senza autorizzazione cibo ai migranti contravvenendo ad una ordinanza del sindaco di Ventimiglia. Reato: Inosservanza dell’ordine legalmente dato dall’autorità. Art. 650 codice penale.

Leggi scritte contro leggi non scritte

Atene, anno 446 a.C. – Durante la celebrazione delle “Grandi Dionisiache” (cerimonie in onore di Dionisio), viene per la prima volta rappresentata l'”Antigone” di Sofocle. La tragedia narra di Antigone, che decide di dare sepoltura al cadavere del fratello Polinice contro la volontà del nuovo re di Tebe, Creonte. Scoperta, viene da questi condannata a vivere il resto dei suoi giorni imprigionata in una grotta, dove poi si impiccherà.

Ecco Antigone parlare, nel Prologo, alla sorella Ismene, davanti al palazzo reale:

Creonte ha concesso la sepoltura
a uno solo dei nostri fratelli. L’altro
l’ha ritenuto indegno di questo onore: secondo giustizia,
come usano dire, e servendosi della legge,
ha chiuso Eteocle nella terra, bene accolto là sotto
dalle ombre. Ma il cadavere di Polinice,
di lui morto con tanto affanno, c’è l’ordine
per tutti di non coprirlo di terra e di non piangerlo neppure,
ma di lasciarlo senza sepoltura, senza che nessuno lo pianga,
dolce offerta ai corvi che lo guardano dall’alto
per gioia di divorarlo. Questo ha ordinato Creonte, lui buono.
E verrà egli stesso qui, ad annunziare chiaramente
il suo fermo volere a quanti non lo conoscono,
e non si tratta di cosa da poco. Ma chiunque ardirà
di compiere il gesto di pietà verso il morto sarà lapidato.
Così è stabilito. Ora dovrai dimostrare se sei coraggiosa o vile.

Antigone contravviene all’editto del re Creonte e, in nome della legge divina, dà sepoltura al fratello Polinice. Antigone applica le leggi naturali. Difende i ἄγραπτα νόμιμα (àgrapta nòmima: corpus di leggi consuetudinario, di origine divina). Creonte è invece l’espressione del νόμος (nòmos, corpus delle leggi della πόλις, polis).

Secondo Antigone, le leggi degli uomini (νόμος) non possono non rispettare una legge divina (ἄγραπτα νόμιμα). Dare sepoltura ai morti risponde alla legge naturale. Antigone applica le “leggi non scritte” contravvenendo a quelle scritte, al νόμος.

Dare sepoltura ai morti è, secondo Ugo Foscolo, uno dei precetti che ha fatto uscire l’uomo dal suo originario stato ferino.

Dal dí che nozze e tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi
all’etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.
(“I Sepolcri”, v. 91-93)

Il gesto degli attivisti francesi

Essere pietosi degli altri, scrive il poeta di Zante, nato in Grecia come Sofocle. È l’istinto naturale alla giustizia di cui parla Tommaso d’Aquino. È questo che induce l’uomo ad aiutare l’altro uomo. Cosa che hanno fatto i tre cittadini francesi il 20 marzo, contravvenendo all’ordine del sindaco di Ventimiglia. Nuovi Antigone contro una norma scritta.

Viene quindi da chiedersi se anch’essi sono stati spinti ad agire, a dare da mangiare ai migranti affamati, in forza di una legge non scritta.

Hanno forse applicato l’insegnamento del Nazareno, vecchio di duemila anni? “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato” (Matteo, 25, 35). Hanno forse applicato l’imperativo categorico kantiano: l’uomo come fine?

Lo hanno fatto, secondo il mio pensiero. Ma con una grande differenza.

Siamo infatti a Ventimiglia, non a Tebe. Non c’è un Creonte dittatore. Ne abbiamo avuto uno per vent’anni e siamo ben vigili a che non ve ne siano altri. Non siamo nella Tebe di Creonte: abbiamo una Costituzione. Per chi non lo sapesse, la abbiamo da quasi settant’anni. A spiegarci questa grande differenza è proprio uno dei Padri costituenti, Piero Calamandrei.

Il dovere di solidarietà sociale

Da avvocato difese nel 1956 Danilo Dolci, attivista della non violenza. Questi era stato arrestato il 2 febbraio 1956 per aver promosso e guidato, assieme ad altri suoi compagni, una manifestazione di protesta contro le autorità che non avevano provveduto a dar lavoro ai disoccupati di Trappeto (in provincia di Palermo).

La protesta era consistita nell’indurre un certo numero di questi disoccupati a iniziare lavori di sterramento e di assestamento in una vecchia strada comunale abbandonata, detta “trazzera vecchia”, allo scopo di dimostrare che non mancavano né la volontà di lavorare né opere socialmente utili da intraprendere in beneficio della comunità. Fu arrestato e processato per i reati di cui agli articoli 341 (oltraggio a pubblico ufficiale), 415 (istigazione a disobbedire alle leggi), 633 (invasione di terreni) codice penale.

Nella celebre arringa pronunciata il 30 marzo 1956 dinanzi al Tribunale di Palermo, l’avvocato Piero Calamandrei cita il dramma di Antigone. La vicenda di Dolci è “il dialogo eterno tra Creonte e Antigone, tra Creonte che difende la cieca legalità e Antigone che obbedisce soltanto alla legge morale della coscienza, alle “leggi non scritte” che preannunciano l’avvenire.”

Ma, secondo Calamandrei, c’è una differenza tra ciò che fece Antigone a Tebe e ciò che fece Dolci in Sicilia. Dolci non invoca “leggi non scritte”. Invoca la Costituzione repubblicana. Dice Calamandrei al Tribunale: “Anche qui il contrasto è come quello tra Antigone e Creonte: tra la umana giustizia e i regolamenti di polizia; con questo solo di diverso, che qui Danilo non invoca leggi non scritte. (Perché, per chi non lo sapesse ancora, la nostra Costituzione è già stata scritta da dieci anni)”.

Da un lato Dolci e la Costituzione; dall’altro la polizia ed il Testo unico di pubblica sicurezza.

L’avvocato Calamandrei direbbe oggi la stessa cosa per i volontari di Ventimiglia. Essi hanno solo applicato la Costituzione. Hanno applicato il dovere inderogabile di solidarietà sociale di cui all’art. 2.

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