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L’antiziganismo nei media italiani e gli sforzi per combatterlo

Rom e Sinti sono ancora oggi la minoranza più discriminata d’Europa. L’Associazione Carta di Roma analizza il racconto mediatico e continua a organizzare formazioni e partecipare a seminari sul tema dell’antiziganismo nei media

di Sabika Shah Povia

Nelle ultime settimane l’Associazione Carta di Roma ha partecipato a due formazioni dal riscontro molto positivo sul tema dell’antiziganismo in Italia.

I Rom e Sinti sono la minoranza più numerosa, ma più discriminata d’Europa. In Italia, nonostante compongano soltanto lo 0,25% della popolazione totale, i sentimenti antizigani sono i più alti del continente (82%). La stragrande maggioranza dei Rom e Sinti nel nostro Paese (4 su 5), vive in abitazioni convenzionali, studia, lavora e conduce una vita come quella di ogni altro cittadino italiano o straniero che vive sul territorio nazionale. Le loro storie, tuttavia, sono poco note, anche perché in molti sono restii a rivelare la propria identità per il timore dei pregiudizi e del clima ostile diffusi. Prevalgono invece notizie legate al degrado, a episodi negativi e alla vita nei “campi”, che riguarda solo un Rom e Sinti su cinque (circa 26.000 persone si trovano ancora negli insediamenti, in emergenza abitativa).

All’incontro che si è tenuto a fine novembre a Roma all’interno di un progetto per sostenere la partecipazione e l’inclusione di giovani Rom e Sinti in Europa – promosso dal dipartimento della gioventù del Consiglio di Europa e organizzato in collaborazione con l’UNAR, Romà Onlus, Piattaforma Nazionale Rom e Youth-Jeunesse – hanno partecipato una trentina di ragazze e ragazzi Rom e Sinti che hanno condiviso le loro esperienze personali e contribuito al dibattito su come combattere i discorsi d’odio in maniera costruttiva.

L’incontro che si è tenuto a Cagliari la scorsa settimana, organizzato dall’Ordine dei Giornalisti della Sardegna, dalla Caritas diocesana e dall’ufficio Migrantes, è stato invece una formazione per giornalisti aperta al pubblico. Erano presenti circa un centinaio di persone, tra cui molte famiglie Rom e Sinti, diverse associazioni e oltre una sessantina di giornalisti.

Ad entrambi gli eventi, l’Associazione Carta di Roma ha presentato il codice deontologico, il glossario e le linee guida (aggiornate al 2018 e disponibili qui).

Il racconto mediatico su Rom e Sinti

L’analisi del racconto mediatico su questo tema ha aiutato a capire come i media abbiano negli anni alimentato i pregiudizi contro questa fetta della popolazione e come abbiano contribuito a distorcere la percezione della realtà degli italiani riguardo la loro presenza sul territorio.

Accade spesso infatti che una informazione distorta da parte di alcuni mass media contribuisca a creare in modo artificioso un clima di allarme sociale del tutto ingiustificato, che non trova poi riscontro reale negli avvenimenti quotidiani, attraverso la divulgazione di notizie, che nel caso dei Sinti e dei Rom, vedono l’accostamento generalizzato e senza distinzione alcuna di un intero gruppo etnico con determinati fenomeni di criminalità.

Le persone Rom e Sinti non hanno sufficiente rappresentanza pubblica rispetto alle altre minoranze presenti nel nostro Paese; i vettori dell’informazione dovrebbero tener conto di questo dato, offrendo spazio a queste voci e tenendo in mente che, in alcuni casi, queste persone non sono in grado di tutelare i loro diritti.

Nei confronti delle minoranze Rom e Sinti, infatti, le regole deontologiche che giornaliste e giornalisti si sono dati, oltre alle leggi che regolamentano la professione, sembrano spesso non avere alcun valore: l’appartenenza etnica di chi commette un reato è talmente sottolineata da portare spesso all’etnicizzazione del reato stesso, che ricade inesorabilmente su tutta la comunità in virtù di una sorta di “responsabilità penale collettiva”. L’etnia della persona è raramente specificata però quando si raccontano fatti di cronaca dove le vittime sono Rom e Sinti.

Secondo il rapporto 2018 “Notizie di chiusura” dell’Associazione Carta di Roma, la commemorazione, il 24 luglio, dell’ottantesimo anniversario del “Manifesto della razza”, è stata un’occasione per ricordare e tematizzare la tragedia delle persecuzioni razziali nei telegiornali nazionali. Numerosi servizi hanno ricordato anche la discriminazione contro popolazioni Rom e Sinti. Un fatto di cronaca locale – gli insulti a un passeggero Rom da parte di una dipendente di Trenitalia – è entrato nell’agenda nazionale come occasione di stigmatizzazione dell’accaduto.

Il 2018 è stato anche l’anno in cui, in ragione dell’annuncio di un censimento della popolazione Rom e Sinti e della “tolleranza zero” nei confronti delle baraccopoli abusive, i rappresentanti della comunità Rom sono stati maggiormente ascoltati e intervistati, raggiungendo 55 apparizioni televisive, solo alcune delle quali associate alla criminalità. L’attenzione generata dall’agenda politica su questi temi ha infatti portato visibilità e riconoscimento alla loro comunità, tradizionalmente esclusa dall’informazione.

Di seguito riportiamo un breve pensiero condiviso con noi dopo il seminario di Roma da Musli Alievski, un giovane operaio Rom, fondatore dell’associazione “Stay Human”.

Mortificati. Perseguitati. Discriminati.

di Musli Alievski

Il popolo Rom e Sinti ha subìto e continua a subire soprusi e angherie nell’indifferenza di molti, quei molti che ignorano quanto l’indifferenza possa uccidere. Uccide la nostra dignità di uomo perché quando cresci e vivi in una società che in nome della libertà di espressione si sente libera di offenderti e vomitarti contro parole di odio, le interiorizzi tanto da concepirle come normalità.
Questo è stato perpetrato per tanto, troppo tempo, ed è giunto il momento per noi giovani di uscire dal nostro guscio e di scrivere un nuovo capitolo della nostra storia.
Una storia dove tutti noi giovani, rom e non rom, uniti combattiamo i discorsi d’odio e il razzismo contro la nostra etnia, l’antiziganismo.

Durante il seminario per sviluppare risposte all’antiziganismo e discorsi d’odio in Italia – tenutosi a Roma dal 27 al 30 novembre- ci siamo confrontati, abbiamo dibattuto e condiviso la nostra storia e cultura che non sono campi rom, elemosina e delinquenza, anche se i media e l’immaginario collettivo ci descrive così.
I media, coloro che hanno la responsabilità maggiore nel formare e informare, contribuiscono spesso nel fomentare una propaganda negativa nei nostri confronti, ma per fortuna c’è chi, come l’Associazione Carta di Roma, giorno dopo giorno denuncia e combatte le discriminazioni. Interessanti sono state le informazioni e le statistiche di ricerca mostrateci; disgustoso, invece, realizzare come i linguaggi utilizzati non fanno altro che alimentare la fiamma dell’odio e intolleranza tra rom e non rom. Questo seminario è la prova che la politica del “dividi et impera” sta fallendo, che tra i giovani c’è chi ha voglia di combattere e di portare il cambiamento, che è già cominciato.

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