Anjelina Nadai Lohalith, 21 anni, Sud Sudan, 1.500 metri. Non vede i genitori da quando, a 6 anni, è dovuta scappare dal suo villaggio. Inizia a gareggiare nel campo dove vive, nel Kenya settentrionale. La speranza di poter aiutare i genitori è la sua maggiore motivazione.
Rami Anis, 25 anni, Siria, 100 metri farfalla. Scopre la piscina a 14 anni, ad Aleppo. Quando i bombardamenti sono diventati più frequenti ha dovuto abbandonare la Siria. Alla fine del suo viaggio, durante il quale ha fatto tappa in Turchia e poi in Grecia, raggiunge il Belgio, dove ha cominciato ad allenarsi 9 volte alla settimana con una ex nuotatrice olimpionica, Caroline Verbauwen.
Paulo Amotun Lokoro, 24 anni, Sud Sudan, 1.500 metri. Prima di scappare dai conflitti della sua terra e raggiungere il Kenya era un pastore. Nel campo rifugiati che lo accoglie sviluppa le sue ambizioni: “Prima di venire qui non avevo nemmeno le scarpe da ginnastica”.
Yolande Mabika, 28 anni, Rep. Dem. del Congo, judo (pesi medi). Separata dalla famiglia ancora bambina, cresce in un centro per sfollati di Kinshasa, dove inizia a praticare il judo. Subisce continui abusi dal suo allenatore che nel 2013, quando partecipa ai mondiali di Rio, le sequestra il passaporto e la priva del cibo. Fugge ancora e ottiene asilo in Brasile.
Rose Nathike Lokonyen, 23 anni, Sud Sudan, 800 metri. Fuggita dalla guerra ancora bambina, scopre il suo talento solo un anno fa, quando arriva seconda a una gara nel campo per rifugiati dove vive, in Kenya: “Non mi ero mai allenata. Era la prima volta che correvo, e sono arrivata seconda. Ero molto sorpresa!”.
Popole Misenga, 24 anni, Rep. Dem. del Congo, judo (pesi medi). A 9 anni abbandona la sua casa per sfuggire ai combattimenti ed è portato nella capitale, in un centro per i bambini sfollati. Qui conosce il judo, ma dopo ogni sconfitta veniva chiuso in una gabbia per giorni solo con caffè e pane. Ai campionati del mondo 2013 a Rio, dove è stato privato del cibo, ha deciso di chiedere asilo.
Yonas Kinde, 36 anni, Etiopia, maratona. “Per me è impossibile vivere lì… è molto pericoloso per la mia vita", dice del suo paese d'origine. Ora si allena ogni giorno su una collina che affaccia sulla città di Lussemburgo, dove vive: “Penso che sarà il messaggio forte che i rifugiati possono ottenere grandi risultati”.
James Nyang Chiengjiek, 28 anni, Sud Sudan, 800 metri. A 13 anni è fuggito dalla sua casa, nell'allora Sudan meridionale, per sfuggire all'arruolamento forzato come bambino soldato. Rifugiato in Kenya si è unito a un gruppo di ragazzi che si allenavano per gare di lunga distanza: “In quel momento ho capito che potevo farcela come corridore – e se Dio ti dà un talento, lo devi usare”.
Yusra Mardini, 18 anni, Siria, 200-metri stile libero. Appena il gommone ha iniziato ad imbarcare acqua sapeva cosa fare: al largo della costa turca, con circa 20 altre persone a bordo, si è tuffata con la sorella e ha cominciato a spingere l'imbarcazione verso la Grecia. "Voglio rappresentare tutti i rifugiati per dimostrare che dopo il dolore, dopo la tempesta, arriva il sereno”.
Yiech Pur Biel, 21 anni, Sud Sudan, 800 metri. Costretto a fuggire dal Sud Sudan nel 2005, è finito in un campo per rifugiati nel nord del Kenya dove ha cominciato a giocare a pallone qui. Ma doversi affidare ai suoi compagni di squadra l’ha presto frustrato: correndo sente maggior controllo sul suo destino.
Dall’inizio delle Olimpiadi moderne nel 1896, oltre 200 team nazionali hanno gareggiato cercando la gloria nelle Olimpiadi estive e invernali. Quest’anno, per la prima volta, parteciperà anche una squadra di rifugiati.
«La loro partecipazione alle Olimpiadi è un omaggio al coraggio e la perseveranza di tutti i rifugiati nel superare le avversità e costruire un futuro migliore per sé stessi e le loro famiglie. L’Unhcr sta con loro e con tutti i rifugiati», ha commentato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni unite per i Rifugiati
Annunciata dal Comitato Olimpico Internazionale il 3 giugno, la squadra è composta da due nuotatori siriani, due judoka della Repubblica Democratica del Congo, e sei corridori provenienti da Etiopia e Sud Sudan. Sono tutti fuggiti da violenze e persecuzioni nei loro paesi e hanno cercato rifugio in luoghi come il Belgio, la Germania, il Lussemburgo, il Kenya e il Brasile.
Questa partecipazione rappresenta una pietra miliare nella collaborazione ventennale dell’Unhcr con il Coi, un rapporto determinante nella promozione del ruolo dello sport nello sviluppo e benessere dei rifugiati, in particolare dei bambini, in tutto il mondo. Attraverso progetti congiunti, abbiamo promosso programmi giovanili e attività sportive in almeno 20 paesi, riabilitato campi sportivi in diversi campi rifugiati, e fornito kit sportivi per giovani rifugiati.
Le storie complete degli atleti che compongono la squadra rifugiati qui.
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