Daisy Osakue, la discobola colpita a un occhio da un uovo lanciato da tre giovani, è stata presa di mira e fatta oggetto di insulti razzisti da numerosi utenti dei social network. La denuncia da Cronache di Ordinarie Razzismo a cura di Lunaria Daisy Osakue, la giovane discobola nera della Nazionale azzurra, colpita lo scorso… Leggi tutto
Dedicato a insegnanti, educatori e attivisti il nuovo portale www.silencehate.it propone schede didattiche, percorsi laboratoriali ed approfondimenti tematici per affrontare il problema dell’odio sui social di Cospe Onlus Frutto del lavoro del Centro Zaffiria e di COSPE onlus, che dal 2014 lavorano su questo tema, il portale è un cantiere aperto e in continua evoluzione,… Leggi tutto
Bufale 2.0 e Organizzazioni non governative. Questo il tema introdotto con il cortometraggio David Troll prodotto da 8 Production e diretto da Antonio Costa alla dodicesima edizione del Festa del cinema di Roma, in programmazione fino al 5 novembre e che si è aperta il 26 ottobre all’Auditorium parco della musica.
I giornalisti ciprioti si sono riuniti il 9 ottobre per dare il via ad un progetto innovativo sul territorio che vede importanti iniziative di lavoro e di confronto professionale. Queste attività hanno visto il sostegno di Harlem Désir, rappresentante recentemente nominato sulla libertà dei mezzi d’informazione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) che si occupa del coordinamento delle attività su libertà e sviluppo dei media che copre 57 paesi nel mondo.
Tre amici, una serata insieme. A tavola, però, la conversazione civile è sostituita da uno scambio di battute intrise di odio e insulti. Sono le stesse frasi che è facile rintracciare sui social media, quei casi di hate speech – discorsi d’odio – che colpiscono categorie e minoranze più spesso discriminate in cui troppo spesso ci si imbatte.
L’evento di due giorni si terrà il 26 e il 27 giugno 2017 presso l’Auditorium Antonianum – viale Manzoni. La due giorni è organizzata dall’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Unar) in collaborazione con Facebook e patrocinato dalla RAI, per realizzare un’occasione di formazione ed incontro dedicata al rapporto tra discriminazione, discorsi d’odio e il mondo dei mass media e della comunicazione.
Contenuti valutati in appena 10 secondi e una tendenza alla tolleranza: è quanto rilevato dall’inglese The Guardian in relazione alla moderazione nel social network Facebook. Le osservazioni fatte della testata sono state possibili grazie all’analisi di centinaia di documenti ottenuti dal quotidiano e prontamente soprannominati Facebook Files che sarebbero stati prodotti dall’azienda fondata da Mark Zuckerberg per fornire indicazioni ai moderatori su come valutare, e quindi stabilire se rimuovere o meno, contenuti violenti: hate speech, terrorismo, pornografia, razzismo, autolesionismo sono solo alcuni dei temi trattati dai manuali, dai grafici e dagli opuscoli esaminati.
Qual è lo stato dell’informazione in Europa? E della libertà di stampa? Ne discuteremo il 27 aprile alla Camera dei deputati nell’ambito del dibattito organizzato da Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa in collaborazione con Associazione Carta di Roma: “Informazione in Europa: quale libertà? Pluralismo dei media, accesso alle informazioni, contrasto all’hate speech”.
Ci abbiamo riprovato: a un anno di distanza dal nostro primo “esperimento”, abbiamo segnalato a Facebook 100 commenti che violano apertamente gli standard della comunità in materia di incitamento all’odio: 29 sono stati rimossi, 71 sono stati ritenuti idonei a restare online. Poco meno di un terzo, dunque, è stato riconosciuto dal social network come hate speech e di conseguenza cancellato. In media sono trascorse 29 ore tra la segnalazione e la notifica che annuncia l’esito dell’analisi.[…]
Parole comuni per mascherare l’incitamento all’odio online. Il fenomeno del linguaggio in codice per coprire l’hate speech è stato osservato e studiato da un gruppo di ricercatori dell’università di Rochester, negli Stati Uniti. Si sono soffermati in particolare su Twitter, analizzando milioni di tweet in un lasso di tempo che andava dal 23 settembre al 18 ottobre 2016, una settimana dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti: ciò che hanno rilevato è il ricorso a parole codificate che in realtà ne celano ben altre da parte degli utenti.
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