Perché usare il termine “migrante illegale” è sbagliato?
Parte oggi la campagna internazionale “Le parole contano!”, promossa da Picum, per promuovere l’utilizzo di una terminologia corretta in riferimento a migranti, richiedenti asilo e rifugiati. La piattaforma per la cooperazione sui migranti irregolari ha realizzato un opuscolo che spiega le ragioni giuridiche e non per cui usare la definizione “migrante illegale” è sbagliato. Uno strumento che, partendo dall’inglese, è stato tradotto in tre lingue, greco, italiano e olandese. «I partner della piattaforma in Grecia, Italia e Olanda hanno espresso un forte bisogno di affrontare la questione nei loro paesi e l’interesse nel diffondere questo strumento e promuovere la campagna. Nel 2015 tradurremo e pubblicheremo l’opuscolo in altre lingue europee», ha commentato Picum.
Di seguito le dichiarazioni che accompagnano il lancio della campagna.
In occasione della Giornata internazionale dei migranti, i difensori dei diritti dei migranti di tutta Europa chiedono a media, politici e tutti coloro che hanno un ruolo chiave nell’influenza dell’opinione pubblica sull’immigrazione di smettere di usare la definizione “migrante illegale” e adottare termini accurati e neutrali in riferimento ai migranti privi di documenti regolari. L’uso generalizzato di un linguaggio criminalizzante ha un impatto sulla realtà quotidiana dei migranti irregolari. La percezione che qualcuno sia “illegale” crea una barriera nell’accesso ai servizi e nella promozione dei diritti umani. L’uso di “illegale” per etichettare i migranti come criminali, inoltre, legittima e normalizza il ricorso a misure repressive da parte delle forze dell’ordine contro le persone, a causa della loro condizione amministrativa. Come spiega un migrante proveniente dalle Filippine: «Da quanto la parola “illegale” è diventata uno stigma nel mio confronto quotidiano con la gente, ho iniziato a chiedermi se davvero fossi illegale in qualche modo. Non lo sono e non lo sarò mai. Sono solo privo di documenti regolari». Con lo slogan “Le parole contano!”, la Piattaforma per la cooperazione internazionale sui migranti irregolari (PICUM), Right to Remain, Praksis, il Forum greco dei rifugiati (GFR), KISA, Panos Europe, Red Acoge, Andalucía Acoge, ORBIT e l’Organizzazione per i lavoratori senza documenti regolari (OR.C.A.) sostengono una campagna per l’uso della definizione imparziale “migrante irregolare” in tutte le lingue dell’Unione europea. Disponibile in inglese, greco, olandese e italiano, l’opuscolo fornisce le traduzioni di questo termine in tutti gli idiomi europei e una panoramica sulle ragioni per cui smettere di usare “migrante illegale”. Da un punto di vista giudiziario, “illegale” non è corretto, poiché non avere documenti regolari non costituisce un crimine di per sé. Non costituisce infatti, un’offesa contro persone, proprietà o sicurezza nazionale e nella maggior parte dei paesi rientra sotto il diritto amministrativo e non penale. È inoltre inaccurato usare il termine “illegale” per descrivere coloro che hanno attraversato le frontiere attraverso rotte non ufficiali, poiché viola il diritto a un giusto processo, salvaguardia legale fondamentale. “Illegale”, oltretutto, ignora i diritti fondamentali e la dignità dei migranti; usato solo nei confronti dei migranti e mai per definire i cittadini, è discriminatorio e offensivo. Nonostante gli esseri umani siano sempre stati in movimento, il termine “migrante illegale” è stato creato solo nel corso del ventesimo secolo. La storica e autrice del libro “Undocumented: How Immigration Became Illegal”, Aviva Chomsky, ha espresso il suo supporto alla campagna: «È da notare che i paesi che più sono orgogliosi del loro impegno per l’uguaglianza, i diritti umani e la democrazia (come gli Stati Uniti ei paesi europei occidentali) sono proprio quelli che, alla fine del ventesimo secolo, hanno inventato un nuovo status (“illegale”) per privare alcuni dei loro residenti dell’accesso alla parità, dei diritti umani e della democrazia. Quando usiamo il termine “illegale” in questo modo, stiamo implicitamente accettando l’idea che non tutte le persone sono uguali, che non tutte le persone meritano pari diritti e che la legge debba trattare le persone in modo diverso a seconda della categoria che è assegnata loro». Puntando al riconoscimento da parte delle istituzioni chiave – Nazioni Unite, Consiglio d’Europa, Commissione europea, Parlamento europeo, media internazionali – della necessità di una terminologia umana per i migranti privi di documenti, le organizzazioni che sostengono la campagna “Le parole contano!” chiedono a tutti coloro che osservano la Giornata internazionale dei migranti di non usare più il termine “Illegale”.
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