Fin dal suo primo viaggio apostolico Papa Francesco aveva indicato quale sarebbe stata la rotta del suo pontificato. A Lampedusa non solo per rendere omaggio a un luogo e a una storia, ma per fare memoria delle vittime dei trafficanti di esseri umani e delle politiche che si fanno complici dei crimini contro gli ultimi. Ma Papa Francesco è stato anche un esempio nell’uso delle parole per raccontare le migrazioni e le persone migranti. Appena ieri, nel messaggio Urbi et Orbi aveva richiamato: «Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti!». Papa Francesco è stato anche un amico dei giornalisti. Il 25 gennaio di quest’anno, in occasione del Giubileo della Comunicazione, ha ricordato coloro «che hanno firmato il loro servizio con il proprio sangue». Nel suo primo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali, si era rivolto ai giornalisti evocando «l’icona del buon samaritano», colui «che fascia le ferite dell’uomo percosso versandovi sopra olio e vino, ci sia di guida». Invitando i cronisti a fare luce restando alla larga «da trucchi o effetti speciali», con uno sguardo che dovrebbe sempre contraddistinguere il “buon giornalista”: «Farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza».
Nello Scavo Presidente dell’associazione Carta di Roma
Con le sue parole tutta l’associazione Carta di Roma saluta Papa Francesco.
Pylos e il silenzio dell’informazione
A Lampedusa c’è la tomba di una giovane donna di nome Ester. Aveva 18 anni e veniva dalla Nigeria. Era incinta ed è morta di stenti su un barcone carico di migranti rimasto in balia delle onde per giorni
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