Migrazione, accoglienza, asilo: la comprensione di un fenomeno passa per le parole usate nel descriverlo, parole il cui significato, tuttavia, è spesso confuso o strumentalizzato. Trasformarle in “messaggi chiari e autosufficienti” è ciò che intende realizzare l’iniziativa lanciata oggi da Croce rossa italiana e Treccani sull’importanza della terminologia.
Cinque definizioni, legate al tema delle migrazioni e dell’accoglienza, che rappresentano «un messaggio di solidarietà verso tutti coloro che vengono accolti nel nostro Paese, attraverso la condivisione dei valori che il linguaggio può aiutare a veicolare meglio di qualunque altro strumento», commenta Massimo Bray, direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana.
L’iniziativa è il punto di incontro tra la campagna di solidarietà #ProtectHumanity, di Federazione internazionale della Croce rossa e Mezzaluna Rossa e #leparolevalgono, attraverso la quale Treccani promuove sul web il valore della lingua italiana e che rafforza, applicata al tema delle migrazioni, il suo carattere sociale.
«Spesso quando si affronta il tema della migrazione – afferma il presidente della Croce rossa italiana Francesco Rocca – si parla solo di numeri. Ma fermarsi alle cifre, senza scoprire i volti e le storie che ci sono dietro, significa non conoscere e non comprendere il fenomeno. Oggi con Treccani facciamo un passo in avanti concentrandoci sulle singole parole e sul loro significato, perché la società in cui viviamo viene condizionata spesso da immagini e slogan che decontestualizzano la realtà delle cose creando delle reazioni inadeguate o addirittura violente rispetto ad alcuni temi».
“Diffondi la solidarietà. Trasforma una parola in un atto di amore”, si legge sul sito #leparolevalgono. Mentre sul web dilaga la violenza verbale e le parole sono usate spesso per colpire le categorie più vulnerabili, la volontà di questa iniziativa è quella di riscoprirne il significato originale, ripulendole dalle distorsioni che a esse parte dell’opinione pubblica ha associato, affinché non siano usate come armi, ma come strumenti di comprensione.
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