Di Giovanni Maria Del Re su Avvenire
Dopo una difficile giornata di discussioni, alla fine i ministri dell’Interno Ue hanno trovato l’accordo unanime sull’attivazione, per la prima volta in assoluto, della direttiva Ue per la protezione temporanea del 2001, sia pure con un compromesso per accontentare i Paesi dell’Est. «Accordo storico. L’Ue garantirà protezione temporanea a coloro che fuggono dalla guerra in Ucraina. L’Ue è unita e solidale» ha esultato via Twitter il ministro dell’Interno francese, Gérald Armanin, presidente di turno, al termine del Consiglio straordinario, cui ha partecipato in video anche il ministro dell’Interno ucraino, Denis Monastirski. «Dobbiamo essere soddisfatti – ha dichiarato la titolare del Viminale, Luciana Lamorgese – per l’attivazione di questa direttiva» che «è un’attivazione in linea con tutta l’attività posta in essere dall’Europa» di fronte alla guerra in Ucraina. «Ancora una volta – ha commentato anche Palazzo Chigi – la risposta dell’Ue è stata pronta, rapida, solidale e unita».
Fino al pomeriggio pochi ci speravano. «Se avessimo l’accordo oggi (ieri, ndr) sarei sorpresa positivamente – ammetteva, arrivando alla riunione, la commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson –. Non abbiamo avuto il tempo di fare le necessarie consultazioni con gli Stati membri, quindi ci vorrà ancora qualche giorno». A bloccare l’intesa, il fatto che nella proposta della Commissione la protezione temporanea si applicava anche ai cittadini non ucraini residenti di lunga data (per quelli temporanei è previsto il rimpatrio). Inaccettabile per i Paesi di frontiera, Romania, Slovacchia, Ungheria e Polonia, cui ieri si è aggiunta anche l’Austria.
Dopo ore di stallo, Parigi, pur di incassare l’accordo, ha tagliato il nodo gordiano accontentando i Paesi recalcitranti. «Per i cittadini non ucraini o apolidi – si legge nell’articolo 2 modificato del testo della decisione di attivazione – che possano provare di esser legalmente residenti in Ucraina» e «che non sono in grado di ritornare al Paese di origine in condizioni sicure e stabili, gli Stati membri applicheranno o questa decisione (dunque le norme Ue, ndr) o uno status adeguato nel quadro della legislazione nazionale». Tradotto: per i non ucraini, ogni Stato membro potrà decidere liberamente se applicare le norme Ue o le proprie nazionali. Cedimento che ha di colpo sbloccato il negoziato. La presidenza francese era ansiosa di non dare l’impressione di una rottura di quella straordinaria compattezza che fin qui ha mostrato l’Ue di fronte alla guerra in Ucraina.
Probabilmente già oggi verrà formalizzato il testo che, all’articolo 1, certifica «l’esistenza di un afflusso di massa nell’Unione». In base alla direttiva, i profughi ucraini potranno restare legalmente in uno Stato Ue per un anno, prorogabile fino a tre, senza dover chiedere l’asilo. Questione cruciale, vista anche la massa in arrivo: a ieri erano giunti in Europa un milione di profughi.
«Si parla – ha detto Lamorgese – di 7-8 milioni di persone che usciranno dall’Ucraina e andranno nei vari Paesi Ue». Ricorrere alle normali procedure di asilo, oltre a ingolfare i rispettivi sistemi nazionali, ha spiegato Johansson, «avrebbe anche portato a lunghe attese», mentre con la direttiva gli ucraini possono da subito cercare casa e lavoro, andare dal medico o mandare i figli a scuola. Anche se, ammette la commissaria, «non siamo ingenui, i problemi ci saranno, ma siamo in una posizione migliore rispetto alla crisi del 2015».
Non si parla invece per ora di ridistribuzione. «Non è una situazione paragonabile al 2015-16» ha detto il vice presidente della Commissione Margaritis Schinas, oltretutto «le persone si ricollocheranno da sé, stabilendosi dove credono»: da tempo l’Ue ha soppresso l’obbligo di visto per i cittadini ucraini, che possono entrare con un passaporto biometrico (la Commissione ha soluzioni anche per gli ucraini sprovvisti di questo documento) e muoversi liberamente per un massimo di 90 giorni come turisti. Per il tempo successivo scatta la direttiva.
Foto in evidenza di Reuters, su Avvenire
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